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venerdì 31 maggio 2013

Conformismo e tendenze giovanili

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[caption id="attachment_298" align="alignright" width="227"]images Spongebob in versione Emo[/caption]

Il freaky day di questa settimana è dedicato nientepopodimeno che al conformismo e alle mode che spopolano tra i giovinastri in questi anni. Devo dire che ho accettato immediatamente la tematica poiché se esiste una persona che col conformismo non ha nulla a che fare, quello è proprio il nostro direttore Martin Morton. Tanti sarebbero gli aneddoti per esemplificarlo: dai tempi dell’infanzia, quando andava al mare con la giacca a vento e i mooon boot, a quando verso i quindicianni in pieno periodo punk decise di diventare paninaro (anni prima che lo fosse tutto il resto dell’Italia) e infine oggi, quando al posto di premiare uno di noi quando scrive un buon articolo pensa bene di farlo portare nel vicolo dietro la redazione dai suoi scagnozzi per “mettere in chiaro chi è che comanda”. Ecco, forse di alcune di queste cose faremmo benissimo a meno, tuttavia Mr. Morton rimane un’ottimo esempio di anticonformismo come avrete capito.

Il conformismo non è affatto un tema nuovo nelle redazioni come la nostra, ma anche nelle università e persino a scuola. Da anni ci si è resi perfettamente conto che questo fenomeno, con lo svilupparsi dei media di massa, ha avuto sempre più seguito nelle sue varie sfaccettature. C’è da dire immediatamente che il conformismo va distinto dalla conformità in quanto mentre la seconda sta a significare in modo generale l'adattarsi a qualcuno o a qualcosa, l'avere forma o aspetto uguale, simile, il primo indica invece un supino adeguamento al modo di vedere prevalente e, in genere, diverso dal proprio. È chiaro dunque come il conformismo appaia un fenomeno che si presta maggiormente a critiche di quanto non faccia la conformità.

Si diceva che il conformismo e i media di massa vanno di pari passo, questo è chiarissimo: avremmo visto migliaia di giovani pochi anni fa conciarsi da Emo e definirsi tali senza tv e soprattutto internet? Certamente no, poiché pur spacciandosi essi per “alternativi” rispetto al sistema, traevano il loro look e le loro idee da altri ragazzi che prima di loro avevano deciso di adottare questo stile. Questo passaggio, a mio parere, non è affatto da trascurare: persino chi vuole uscire dagli schemi in cui vede rinchiusa la maggior parte della popolazione si rifugia in altri piccoli conformismi all’interno del gruppo che supporta la sua “alternatività”.

Ciò accade perché l’uomo, in fin dei conti, ha bisogno di approvazione, seppure di poche persone. È infatti nella nostra natura cercare il consenso degli altri, che noi lo vogliamo o meno. Nel momento in cui stiamo in famiglia e siamo supportati dai parenti nelle nostre scelte, siamo in qualche modo gratificati. Se al contrario decidessimo di lasciare il nucleo familiare, perché siamo in disaccordo con loro, la nuova solitudine ci spingerà a cercare negli amici un certo supporto: l’importante sarà non essere soli con noi stessi. Dal punto di vista della psicologia tutto ciò è spiegato in modo molto più approfondito in questo sito per i più interessati http://www.conformismo.it/public/home.php.Nei social network il conformismo e la ricerca di supporto o consenso arriva, probabilmente,  ai livelli più alti. Tutte le immagini, i link e i video che vengono condivisi dagli utenti possono ricevere immediatamente una approvazione tramite il tasto “mi piace” ed essere in seguito commentati. Nonostante sia un fenomeno che difficilmente ammetteremo, il motivo reale per cui creiamo un profilo e vi pubblichiamo le nostre vite, che sia Facebook , twitter o altro non importa, è probabilmente proprio la ricerca del consenso da parte degli altri utenti, oltre che ovviamente la possibilità di rimanerci in contatto e, in qualche modo, “spiarne” la vita. Questo fatto raggiunge livelli imbarazzanti nel momento in cui si diffonde l’abitudine, da parte di utenti maschi sui 16, di pubblicare stati del genere indirizzati al sesso opposto:” se metti mi piace ti dico quanto sei bella da 1 a 10” oppure “A 20 “mi piace” faccio la classifica delle 10 più belle”. Lungi da me voler commentare nel particolare atteggiamenti così degradanti, mi limito a dire che in pochi secondi i 20 “mi piace” arrivano e le varie classifiche di bellezza vengono stilate, con obbligatorio ringraziamento da parte delle ragazze chiamate in causa. È accettabile che il nostro bisogno di approvazione sia tale da portare delle ragazzine ad umiliarsi a tal punto pur di essere giudicate? Considerando che possono comunque essere classificate con voti mediocri, risultando doppiamente mortificate mi sembra un paradosso di un certo livello.

L’opinione degli altri è alla base della nostra felicità, c’è poco da ribattere su questo: da soli o giudicati negativamente da tutti siamo perduti. Senza voler estremizzare, posso tranquillamente citare il caso di cronaca recente della ragazzina suicidatasi in seguito alla pubblicazione su facebook del video in cui dei ragazzi si approfittavano di lei ubriaca. oltre a confermarci la tendanza al vanto e alla “cavalleria” (è un eufemismo) dei ragazzi sui social network, questo episodio mostra come la protagonista, di fronte alla comunità dei coetanei del web e del suo paese schieratasi contro di lei, non abbia più ritenuto la propria vita degna di essere vissuta.

Prima del web e dei media in genere, qualcuno potrebbe pensare, le mode  e il conformismo non esistevano, o per lo meno non come oggi. In realtà tutto ciò c’è, in qualche modo, sempre stato. Leggendo gli scritti risalenti agli Egizi, i romani, il medioevo e anche il più recente diciannovesimo secolo, è chiaro che vi sono sempre stati degli usi e dei modi di fare diffusi tra i vari strati sociali, tipici della propria epoca. La barba appuntita dei nobili egiziani, quella lunga dei senatori romani, gli abiti sfarzosi e pittoreschi dei Unknownsovrani medievali e i basettoni nell’800 e chi più ne ha più ne metta, l’uomo in ogni epoca fa ciò che può per omologarsi e conformarsi in nuovi modi. Certo, una differenza tra oggi e allora, come si diceva all’inizio dell’artiolo,  c’è: le mode durano molto meno e si susseguono molto più velocemente. Spesso siamo anche di fronte a più tendenze in contemporanea, avendo così più possibilità di scelta seppure limitata. L’anticonformismo si rivela essere proprio questo in ultima analisi nel 2013: il distinguersi dalla maggioranza per conformarsi alla minoranza.

Forse siamo destinati a seguire più o meno delle mode e non ci distingueremo mai del tutto dagli altri e in questo in fondo non c’è niente di male: l’alternativa alla conformazione (anche alla più piccola) sembra essere l’infelicità e la mancata realizzazione completa di noi all’interno della società. Tuttavia nel momento in cui si va contro le nostre naturali inclinazioni, specialmente sul piano ideologico, rischiamo di cadere nel conformismo e di spingerci ai livelli di degrado morale a cui purtroppo ho fatto riferimento sopra. Per quanto possa andare a intaccare il nostro vestiario, le nostre acconciature e i nostri consumi, la moda non sembra capace di invadere anche le nostre capacità di ragionamento fino in fondo: per quanto posa essere criticabile, per esempio, il voto degli italiani alle ultime elezioni e stato spartito tra molte parti politiche diverse: se non è un segno (per quanto parziale) di anticonformismo questo…

 

 

 

 

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