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venerdì 28 marzo 2014

Monopolio Bayern, inglesi in crisi e fair play finanziario

Si parla molto di un calcio italiano in crisi ormai da tanto tempo, ma noi del Freaky lo amiamo e lo difendiamo da sempre. Premier, liga e Bundesliga ci guardano dall’alto da qualche anno nel ranking europeo ed è opinione sempre più diffusa che questa classifica sia sinonimo di qualità. Ai soliti disfattisti che adorano gettare fango sul nostro calcio ha però risposto per le rime un personaggio insospettabile, uno che ha allenato in tutta Europa e ha vinto ovunque. Uno che sa benissimo quanto abbiamo da imparare dal calcio straniero in fatto di tifo, stadi e quant’altro ma che conosce anche le potenzialità delle

[caption id="attachment_503" align="alignright" width="225"]Mourinho festeggia il suo primo titolo al Chelsea nel 2006 Mourinho festeggia il suo primo titolo al Chelsea nel 2006[/caption]

nostre squadre e la facilità con cui chi oggi è l’ultima ruota del carro domani può rivelarsi tra le prime in Champions: Josè Mourinho. A un giornalista italiano che gli chiedeva quanta distanza ci fosse tra il calcio italiano, ormai fuori dai giochi per la coppa campioni dopo il flop del Milan, lo special one ha risposto per le rime che anche il calcio inglese (dove milita attualmente col suo Chelsea) non se la passa poi molto meglio. In fin dei conti su 8 squadre presenti ai quarti le inglesi sono solo 2 e per miracolo considerando la rimonta del Manchester sull’Olympiakos, mentre di italiane in Europa League n’è rimasta solo una, la Juve, ma dopo uno scontro fratricida con la Fiorentina (un’illustre pretendente al titolo) e l’esclusione del Napoli piuttosto sfortunata. Sarebbe potuta andare molto meglio per le nostre formazioni, non c’è dubbio: anche perché ricordando le drammatiche eliminazioni dalla Champions di Juventus e Napoli non ci siamo mostrati così inferiori come a qualcuno piace credere.
Non sputa nel piatto da cui ha mangiato dunque quel simpaticone di Mourinho, non rinnegando il suo passato glorioso all’Inter, tuttavia non fa nemmeno la scarpetta in quello da cui si sta cibando adesso per proseguire nella metafora: i tempi in cui in semifinale di Champions arrivavano 3 inglesi su 4 posti disponibili sono lontani!
Mi sembra inoltre doveroso aprire una parentesi sul calcio tedesco: un campionato in cui la prima della classe vince il titolo con 7 giornate di anticipo già a Marzo è scandaloso. Se

[caption id="attachment_502" align="alignleft" width="180"]oggi si beve qui al Freaky:Guardiola risponde a Mourinho vestendosi anche da bavarese oggi si beve qui al Freaky:Guardiola risponde a Mourinho vestendosi anche da bavarese[/caption]

a questo aggiungiamo il fatto che così facendo ha migliorato il proprio record, registrato solo un anno fa, della vittoria più veloce del campionato che era avvenuta a 6 giornate dalla conclusione direi che il livello è piuttosto basso, per lo meno quello delle altre pretendenti al titolo rispetto al grande Bayern. Un torneo in cui, tra l’altro, appena un giocatore esplode nel 90% dei casi va a giocare proprio per il club di Monaco assomiglia molto a un monopolio: dovrebbe essere illegale! C’è chi potrebbe obiettare che comunque i secondi della classe in Germania, il Borussia Dortmund, solo un’anno fa dominavano anche in Europa battendo il Real con una facilità disarmante e che dunque la concorrenza tra i crucchi esiste eccome. Personalmente ritengo che il “fenomeno Dortmund” sia stata un’eccezione alla regola più unica che rara: non a caso proprio quando cominciavano a insidiare il primato del Bayern ecco che i bavaresi li hanno privati di Mario Gotze in estate e si apprestano a sottrarre anche Lewandowski a Giugno. Quante probabilità ci sono che una qualsiasi altra squadra riesca a sviluppare un gruppo di giocatori forti, affiatati, di livello internazionale e abituati a giocare tra loro prima che il Bayern cominci a fare suoi i più dotati tra questi uno ad uno? Non ne ho idea! Tuttavia è quello che è successo al Borussia 2 anni fa ma temo non si ripeterà così facilmente.
Noi club italiani stiamo bene così: poveri, brutti (gli stadi) e provinciali, ma con tante

[caption id="attachment_501" align="alignright" width="195"]Platini: uno dei sostenitori del fair play finanziario Platini: uno dei sostenitori del fair play finanziario[/caption]

possibili pretendenti al titolo ogni anno. O forse non stiamo così bene, ma chissà che quando l’anno prossimo entrerà in vigore il fair play finanziario alcune di queste nostre caratteristiche non ci tornino utili: i milioni di debiti delle grandi europee con a capo sceicchi e magnati verranno sanzionati si dice e questo non può che mischiare le carte in tavola…magari a nostro favore?!

mercoledì 26 marzo 2014

Gravity! (8/10)

Ripartendo dal cinema mi è sembrato doveroso dedicare del tempo ad analizzare questo Gravity, il film che più di ogni altro ha fatto bella figura alla notte degli oscar e che sembra essere il vero gioiello cinematografico di un 2013 comunque stimolante. Una produzione costata sui 100 milioni di dollari e più di quattro anni di lavoazione, che alla fine ha dato vita ad un film a metà tra il blockbuster hollywoodiano e il cinema d'autore. Il genio di turno, ispiratore e realizzatore dell'opera è il messicano Alfonso Cuaròn, autore di soggetto e sceneggiatura oltre che direttore del montaggio e regista. Un regista arrivato in maniera spettacolare alla maturità, perseverante e visionario, ha sfidato per quanto gli era possibile i canoni hollywoodiani, pensando un film innovativo e che basava la sua riuscita sulla grandezza dell'interpretazione, affidata con fortuna a Sandra Bullock (che sembra ormai incapace di fallire un colpo).

[caption id="attachment_494" align="alignleft" width="314"]Sandra Bullock Sandra Bullock[/caption]

Gravity narra la sfortunata odissea nello spazio che si trovano a vivere gli astronauti della sonda explorer. Il tutto ambientato proprio sopra le nostre teste, appena al di là dell'atmosfera, dove non c'è più ossigeno nè pressione alla quale siamo abituati, non c'è nulla che trasporti il suono e la temperatura si aggira attorno ai -130°. La sonda viene colpita da una pioggia di detriti che sfortunatamente viaggia sulla loro orbita. La dottoressa Ryan Stone e il comandante Matt Kolawsky (George Clooney) sono gli unici sopravvissuti. Giunti alla stazione spaziale più vicina si accorgono di essere isolati, inoltre un drammatico incidente durante il tentativo di atterraggio fa si che Matt si debba sacrificare, costretto dalla circostanza a sganciarsi e condannarsi a vagare nello spazio cosmico. Da qui in poi comincerà l'assolo recitativo della Bullock, nella sua inquietante lotta alla natura, una natura che più incontaminata, ostile e inospitale di così si fa fatica a immaginare. La delusione, lo sconforto, la rabbia si susseguono nel cuore della dottoressa, portandola quasi alla pazzia. Sarà proprio una visione di Matt a darle un'ultima speranza di sopravvivere. Non so se anche per la vostra immaginazione il pensiero più inquietante è quello di ritrovarsi naufragi in mare aperto, senza nient'altro attorno che acqua e onde; comunque sia dopo aver visto Gravity l'idea di ritrovarsi da soli in mare aperto vi sembrerà uno scherzo, anzi un sollievo.

[caption id="attachment_495" align="alignright" width="268"]L'effettivo set di Gravity L'effettivo set di Gravity[/caption]

Arrivati alla fine sarà chiaro a tutti che il film è qualcosa di straordinario. Tocchi di regia raffinati come l'intelligente utilizzo del suono che decide di fare Cuaròn o la tanto attesa sequenza finale donano al film una dimensione di grandezza fortemente voluta. Cuaròn non si fa mancare citazioni importanti, inserendo la scena di una Sandra Bullock fluttuante davanti allo sportellino dello shuttle che riporta alla mente dello spettore la scena finale di "2001, Odissea nello spazio". L'origine della vita; o la fine?

[caption id="attachment_496" align="alignleft" width="275"]Cuaròn e i suoi ragazzi Cuaròn e i suoi ragazzi[/caption]

Poi Cuaròn, con grande riconoscenza, ammette che è lei, proprio la Bullock, il vero miracolo del film. Nonostante la storia di realizzazione individuale sia chiaramente imposta dai tradizionalismi di Hollywood Cuaròn non solo narra tutto con estrema umanità ma riesce a metterci di fronte all'essenza stessa dell'essere umano e alla sua relativa condizione. L'omuncolo tanto piccolo e impotente di fronte a ciò che non è in grado di controllare è in costante lotta contro l'ignoto, consapevole ed esasperato della propria piccolezza. Gravity è anche il più lucido e realistico film dello spazio, una pellicola che non và considerata fantascenza e che per un ora e mezza vi darà l'idea di come può essere una gitarella oltre le nuvole. Un film ispiratore, che accresce il nostro interesse per tutto ciò che c'è dietro le nuvole, che ci fa capire quanto questa lotta allo spazio, che l'uomo è chiamato a tentare per rompere l'isolazionismo del nostro sistema, sarà durissima.

venerdì 21 marzo 2014

High Hopes, the Boss è tornato! (6,5/10)

Non abbiamo mai parlato di lui qui al Freaky per diverse ragioni ma è sicuramente tra i nostri artisti preferiti. Di chi parlo? Del solo, l’unico, l’immortale “The Boss”: Bruce Springsteen! Uno dei rocker più amati nel nostro paese secondo un recente sondaggio di Vanity Fair. Sondaggi di riviste patinate a parte, lo si scopre subito quando alla voce “album numero 1 di vendite del 2014 in Italia” si scorge immediatamente il suo High Hopes (premi QUI per ascoltarlo), uscito il 14 Gennaio. Eclettico come pochissimi, Bruce è sempre riuscito a dare il suo meglio negli appuntamenti live in cui, insieme alla sua downloadinseparabile E Street band, ha emozionato i pubblici di tutto il pianeta dai favolosi 70ies a oggi alternando pezzi in cui convolge decine di strumenti diversi e momenti intimisti in cui con chitarra e armonica si fa “un po’ Bob Dylan”.

High Hopes ci stupisce subito per 2 motivi:

  1. E’ il primo album di Bruce formato da materiale già registrato da tempo (anche se rimaneggiato).

  2. Alla chitarra abbiamo la presenza del grande Tom Morello, storica chitarra dei Rage against the Machine. E per chi li conosce questo sembra un po’ l’incontro del diavolo e l’acqua santa.


[caption id="attachment_486" align="alignleft" width="276"]Tom Morello Tom Morello[/caption]

Al contrario di quanto potessero prevedere i più pessimisti l’incontro tra Springsteen e Morello è un connubio se non perfetto, quasi: la chitarra distorta e spesso tutt’altro che melodica di Tom che fino a ieri era la base per il rap di Zack de la Rocha oggi sa essere quasi dolce al cospetto del Boss. Come lo stesso Bruce ha dichiarato a proposito:”Ha preso la mia musica e l’ha scaraventata nel presente”. In effetti il pop/rock un po’ fuori dal tempo a cui ci aveva abituato negli ultimi anni lascia il posto a un lavoro davvero attuale e parecchio ritmato.

La title track è un concentrato di energia e ci sa dare subito la carica appena è necessario. High hopes, infatti, richiama dei ritmi tribali nel suo arrangiamento e sa farci esaltare  con la chitarra di Morello che sa ancora ruggire. American Skin (41 shots) ci riporta un po’ indietro verso le atmosfere di Streets of Philadelphia con cui il Boss vinse niente meno che un Oscar

[caption id="attachment_487" align="alignright" width="272"]Bruce e Tom in concerto insieme Bruce e Tom in concerto insieme[/caption]

come migliore canzone (nel film Philadelphia). Anche qui la chitarra di Morello si fa sentire in un assolo da pelle d’oca non facendoci rimpiangere gli altri 20 chitarristi della E street Band che, seppur bravi, non possono competere con l’ex Rage against the Machine. Heaven’s Wall ci fa respirare già l’aria orchestrale che si respira nei live di Bruce: cori, percussioni, melodia e tante emozioni compresse in un unico pezzo. Fortunatamente pare che anche quest’anno potremo vivere tutto questo in una data italiana del suo tour, anche se per ora non è stata comunicata.

Ci fa piacere, inoltre, sapere che the Boss ha intenzione di realizzare una nuova versione più attuale di The River dopo che ci ha già fatto riascoltare Darkness on the Edge of Town e Born to Run rispolverate. In una recente intervista  Springsteen ha paragonato Tom Morello a The Edge (U2) e Johnny Marr (Smiths) per la loro capacità di creare un universo ogni volta che scrivono un pezzo aggiungendo che gli piacerebbe lavorare anche con loro. Beh, se dovesse riuscire a coronare questo suo desiderio con uno qualsiasi di questi due artisti allora noi del Freaky siamo qui con l’acquolina in bocca!

 

 

lunedì 17 marzo 2014

Aveva ragione Biscardi! Ci vuole la moviola in campo

Nella pagina dedicata allo sport si cerca di analizzare questo disastroso periodo che nel calcio stanno vivendo arbitri di tutta Europa. Perchè nonostante ci sembri che solo nel nostro stivale gli arbitri siano sempre ubriachi è facile accorgersi di come il livello dei loro colleghi in giro per il continente non sia esattamente trascendentale, anzi. Chiaramente ci sono paesi in cui gli errori arbitrali non sono oggetto di polemiche eccessive, ma in paesi come il nostro, dove un'errore arbitrale equivale sempre a qualche vena saltata dei tifosi più caldi, le polemiche, oltre ad essere eccessive, possono risultare esasperanti e insostenibili, se non per le società coinvolte quantomeno per gli arbitri stessi. Il clima attorno a questa figura calcistica non è sicuramente ottimale e spesso un arbitro arriva al fischio d'inizio consapevole che qualche migliaia di persone aspetta solo una sua gaffe per condannarlo.

[caption id="attachment_475" align="alignleft" width="150"]Arbitri ubtiachi Arbitri ubriachi[/caption]

Fin qui tutto nella norma, questa è una situazione preesistente e difficilmente migliorabile; ma allora veramente siamo obbligati per l'eternità a doverci confrontare con sbagli grossolani (comunque umani) che compromettono partite intere in una o nell'altra direzione? Non mi sembra giusto. Come non mi sembra giusto pretendere degli arbitri incapaci di commettere errori. A parte il fatto che è una cosa tipica dell'essere umano, non va dimenticato come il calcio sia diventato negli ultimi decenni uno sport velocissimo, con più dinamicità, più movimento, più densità e più contatti rendendo difficile interpretare tutto ciò che si vede in una frazione di secondo. Perchè è questo che fanno gli arbitri, interpretano ciò che vedono: con questo voglio sottolineare come non sia possibile quindi che un fallo o ci sia o non ci sia, il regolamento è uno, esaustivo e attuabile in ogni situazione di gioco, poi sta all'arbitro riconoscere, interpretare e sanzionare determinate situazioni. Se questo processo di interpretazione è in qualche modo impossibile al malcapitato direttore di gara ecco che viene a crearsi l'errore arbitrale. L'unica cosa che siamo stati capaci di pensare per porre rimedio a questa condizione è stata di aggiungere altri arbitri assistenti, altri esseri umani. Questi che abbiamo aggiunto oltre a sbagliare spesso, sembra che seguano poco la partita per usare un eufemismo. Esperimento che sembrava la strada giusta ma che si è rivelato uno spreco inutile di stipendi, come direbbe Mughini.
Da quando hanno inventato la televisione, quindi una sessantina d'anni diciamo, a qualcuno è venuta la malsana idea di ricorrere anche negli sport, alla consultazione delle immagini laddovè l'arbitro non dovesse riuscire nel suo compito. Ecco che pian piano in alcuni sport certe cose le fanno davvero, eliminando ogni polemica di fondo, lasciandoci nell'illusione che le immagini, almeno le immagini, siano oggettive per davvero.

[caption id="attachment_476" align="alignleft" width="150"]Il Falco, nel tennis Il Falco, nel tennis[/caption]

Tanto che mai nessun tennista ha accusato il cosiddetto "Occhio di falco" (che valuta se una palla è in o out) di essere ubriaco, solo perchè è una telecamera. Un altro aspetto lampante è che ci siano sport, come il già citato tennis, in cui l'inserimento di questa tecnica, detta moviola, sia logisticamente più semplice che in altri, come il già citato calcio.
Prontamente la FIFA pochi giorni fa ha sminuito l'ipotesi della moviola nel calcio, definedolo un progetto irrealizzabile, ricordando come il calcio sia un sport in cui le azioni si susseguono ininterrotte, una è causa di un'altra e cosi via, diversamente ad esempio dal rugby dove le azioni si fermerebbero comunque. Vero, viene da dire, ma allora partiamo dalle azioni che si interrompono, che comunque dopo un azione pericolosa sono tante. Non è vero che sia logisticamente impossibile anche nel calcio l'inserimento della moviola, non per come la vedo io.

[caption id="attachment_478" align="alignright" width="224"]Lo scetticismo delle organizzazioni riassunto in due espressioni Lo scetticismo delle organizzazioni riassunto in due espressioni[/caption]

Telecamere, moviolisti e arbitri addetti sparsi per zone diverse di campo, collegati con il primo arbitro e il resto è abbastanza intuitivo. Detta così sembra anche piuttosto semplice e sembra l'unica soluzione plausibile per rendere le decisioni arbitrali oggettive agli occhi dei tifosi. Frenando gli entusiasmi per quelli che la vedono semplice come me và ricordato che dei dubbi logistici rimangono comunque. Quanto tempo ci metterà il moviolista a far vedere all'arbitro addetto un replay esaustivo e quanto ci metterà poi l'arbitro addetto a interpretare tale replay?

E il primo arbitro, sentendosi addosso la sicurezza della moviola, lascerà sempre correre su ciò di cui ha il minimo dubbio? Chiaramente si tenderebbe a lasciare alla moviola il ruolo chiave della direzione, e ciò farebbe passare sempre almeno una decina di secondi (secondo calcoli del tutto personali và detto) dall'infrazione al momento in cui il gioco viene fermato, e nel calcio sono troppi. Ma proprio per non farsi mangiare da questi dubbi sarebbe bello e forse a questo punto opportuno cominciare a sperimentare, magari nelle competizioni minori com'è stato fatto per gli arbitri d'area. Tenere la moviola per giudicare il gol/non gol, valutandone tutte le dinamiche (es. annullare se l'azione è viziata da irregolarità) e per giudicare, come detto, tutte quelle azioni che si interrompono, sia che la palla esca dal campo sia che l'arbitro arresti il gioco (andando caso mai ad "aggiustare" le decisioni di quest'ultimo nei casi più gravi). So che può sembrare tutto molto visionario ma mi sembra non ci sia nulla di irrealizzabile; la cosa brutta è che con la moviola il calcio perderebbe sicuramente ritmo, rendendo i momenti di pausa più lunghi, andando a colpire la spettacolarità di questo sport. Se il prezzo da pagare sembra giusto al popolo, a tutti i tifosi e appassionati di questo sport allora che si paghi, sennò plachiamo i toni delle polemiche e lasciamo vincere la Juventus.

[caption id="attachment_477" align="aligncenter" width="284"]Il più che mai attuale Biscardi in uno slancio di gioia Il più che mai attuale Biscardi in uno slancio di gioia[/caption]

domenica 16 marzo 2014

Oscar 2014: l'essenziale

Mantenendo il nostro proverbiale stile in controtendenza noi del Freaky abbiamo deciso di commentare la recente notte degli oscar, che ha avuto luogo il 2 Marzo a Los Angeles. Una serata alla quale in redazione siamo storicamente molto affezionati, vista la quantità impressionante di colleghi e soprattutto amici che a questa notte vi partecipa personalmente.
A parte la delusione popolare per l'ennesima sconfitta di DiCaprio alla corsa per "miglior attore", è andato tutto secondo le aspettative dei più che hanno ormai smesso di aspettare l'edizione della svolta epocale (nella quale, ipoteticamente, si privilegi la modernità a dispetto dei tradizionalismi) e cercano solo di godersi lo spettacolo offerto, rimanendo a fare il tifo per i propri beniamini.

[caption id="attachment_469" align="alignleft" width="275"]DiCaprio mentre trama la distruzione del Kodak Theatre DiCaprio mentre trama la distruzione del Kodak Theatre[/caption]

L'edizione numero 86 è stata condotta da Ellen DeGeneres, simpatica attrice e presentatrice di talk shaw, già salita sul palco del Kodak Theatre per l'edizione del 2007. Riesce a conquistare tutti con un ironia semplice e diretta, schernendo addirittura gli sconfitti; per sdrammatizzare arriva ad offrire al turbato Bradley Cooper un gratta e vinci, ordina pizza per tutti e twitta una foto con tutte le star in diretta tentando di mandare in crash il social.

[caption id="attachment_470" align="alignright" width="275"]La foto che mandò in crash Twitter La foto che mandò in crash Twitter[/caption]

Ma non tutti riescono ad essere divertiti. Sono addirittura 0 le statuette portate a casa da "The Wolf Of Wall Street", l'ultimo capolavoro del maestro Scorsese, che non sarà nel suo periodo di massimo splendore ma che quest'anno è stato imbidonato forse troppo in fretta. Ma David O. Russel consolerebbe Scorsese dato che anche il suo "American Hustle" ,nonostante il record di candidature di quest'anno, ben 10, è andato a casa a mani vuote. Dopo la fortunata esperienza con "Il lato positivo" dell'anno scorso, O. Russel non riesce a ripetersi, almeno secondo l'Academy. "Her", l'ultima apparizione sul grande schermo di Joaquin Phoenix, si accaparra la sceneggiatura originale, Jared Leto (frontman dei 30 Second To Mars) si conferma un'artista poliedrico guadagnandosi la statuetta per il miglior attore non protagonista, grazie all'interpretazione in Dallars Buyers Club, mentre il rispettivo premio femminile va a Lupita Nyong'o per la sua emozionante e travolgente Patsey, schiava in "12 Anni Schiavo", è il suo discorso di ringraziamento il momento probabilmente più emozionante della serata. La miglior protagonista femminile è la divina Cate Blanchett, attrice universale che si permette addirittura di sminuire il premio definendolo un giudizio soggettivo che non la innalza al di sopra delle altre contendenti, ma comunque un onore. Il premio maschile va a Matthew McConaughey, che va comunque ad abbracciare lo sconfitto DiCaprio. Il Miglior film straniero come sappiamo è del nostro amato Sorrentino, ma chissà che non avremo modo di riparlarne.
Ora va anche ricordato chi ha vinto premio al Miglior film, e non si faticava troppo a immaginare che sarebbe stato "12 Anni Schiavo". Beh, ha vinto "12 Anni Schiavo", prodotto da Brad Pitt, che narra in maniera toccante, condannatoria ed esaustiva una triste macchia nella storia americana che a detta dello stesso Pitt nessun americano aveva mai narrato(al cinema) così lucidamente.

[caption id="attachment_471" align="alignleft" width="188"]Stevone McQueen appena uscito dalla toilette Stevone McQueen appena uscito dalla toilette[/caption]

La regia è del giovane e interessante Steve McQueen, regista inglese che ha studiato a New York e che di esperienza ne ha già collezionata parecchia grazie a lavori che hanno già colpito la critica (più che il pubblico),quali "Hunger" e "Shame", film inglesi stilisticamente da non trascurare. Nonostante l'esperienza e l'inventiva Stevone, così chiamato per la sua invidiabile mole, non è stato il miglior regista 2013, riconoscimento che è andato ad Alfonso Cuaròn per il suo formidabile "Gravity", che con 7 statuette all'attivo è il vero protagonista di quest'edizione. Un film tecnicamente perfetto, che porta a casa regia, montaggio, fotografia, sonoro, montaggio sonoro ed effetti speciali, oltre al premio per la colonna sonora. Una pellicola intensa e moderna, trascinata dalla protagonista Sandra Bullock, inquietamente naufraga nello spazio. Ci sono voluti più di 4 anni per la realizzazione di questo film, per la ricerca tecnologica che ha reso possibile certe riprese, quelle dell'assenza di gravità, che avessero dato all'opera la dimensione che merita.

[caption id="attachment_472" align="alignright" width="275"]Cuaròn in una scena del film Cuaròn in una scena del film[/caption]

Uno tra i migliori space-film di sempre a detta di un intenditore come George Lucas, Gravity non è il miglior film dell'anno ma esce dalla serata degli oscar più consapevole della propria grandezza, in qualche modo riconosciuta anche dall'Academy.
Nell'illusione di non aver dimenticato nulla (di ciò che è degno di essere menzionato), non ci resta che darvi appuntamento al prossimo anno, ai prossimi oscar, sperando che sia un'annata florida e stimolante per il cinema americano e mondiale!

lunedì 10 marzo 2014

Italia,un po' di autostima!

[caption id="attachment_466" align="alignright" width="259"]download (1) Seriamente:la vogliamo smettere si o no?[/caption]

Martedì scorso persino noi qui al Freaky non abbiamo potuto fare a meno di vedere in tv la tanto chiacchierata Grande Bellezza di Paolo Sorrentino fresca fresca di Oscar come miglior film straniero. Più che il film in sé (di cui parleremo in un altro articolo…tranquilli!) a colpirci è stata di certo la risposta del pubblico alla pellicola: insomma più che acclamazioni e “tifo da stadio”,come l’ha definito Sorrentino, gli italiani hanno lanciato, in particolare sui social, gli sfottò e l’ironia più sferzante possibile. “Ma qualcuno che è andato oltre i primi 20 minuti c’è?” e  “La Grande Bellezza??La grande Monnezza!!” sono stati tra i più diffusi per intenderci. Premettendo che l’Italia è la patria dello sfottò per eccellenza e che in particolari situazioni l’amiamo anche per questo c’è da dire che una reazione simile all’arte che Sorrentino e Servillo hanno portato sullo schermo ci ha lasciati a dir poco di sasso. Voglio dire: passiamo la maggior parte del tempo a sminuire il nostro paese e quasi godiamo nel ricordarci dei fallimenti che collezioniamo in vari campi come nazione. Per una volta in cui finalmente, dopo anni, eccelliamo in un campo finiamo per prendere a pesci in faccia e a pernacchie questa nostra gloria? Ok ok “nemo profeta in patria” diceva qualcuno: ma qui stiamo sfiorando il ridicolo!

[caption id="attachment_465" align="alignleft" width="300"]L'isola dei conigli (a Lampedusa):Sicuri che meriti di essere conosciuta solo per i barconi degli immigrati? L'isola dei conigli (a Lampedusa):Sicuri che meriti di essere conosciuta solo per i barconi degli immigrati?[/caption]

A questa riflessione ne sono seguite altre (eh si noi del Freaky siamo tipi profondi). Quante volte ci siamo sentiti dire che l’Italia ha un patrimonio artistico e culturale così ampio che potrebbe vivere di rendita se solo promuovesse il turismo correttamente? Quanti piani astrusi sentiamo ogni anno per sviluppare questo settore che puntualmente non vengono realizzati? Quanti dati del tipo “ Lo sapete che il Louvre è più visitato di tutti i musei italiani messi insieme?” ci vengono sfrittelati quotidianamente su telegiornali e riviste? Evidentemente non abbastanza!! Eh si, perché se ce lo dicessero abbastanza forse avremmo cominciato a prenderci un po’ più sul serio di quanto non facciamo. Se capissimo che viviamo su una miniera di cultura e (potenzialmente) d’oro forse la smetteremmo di considerare il top del viaggio culturale andare in Francia a fare scatti artificiosi in cui fingiamo ti tenere in mano la torre Eiffel o negli States a immortalarci mentre beviamo il caffè in brik sulla 5th avenue come “quelli dei telefilm”. Certo, non abbiamo niente contro questi due paesi e, al contrario, siamo degli spettatori di telefilm americani di prima categoria anche noi del Freaky, pensiamo solo che siamo arrivati al punto in cui va talmente tanto di moda dire:”me ne vado da questo paese!” e “siamo gli zimbelli del mondo” che nessuno ha più voglia di scommettere sul nostro stesso paese. L’idea di visitare città all’interno dei confini nazionali durante l’estate ci è spesso estranea oltre al fatto che siamo arrivati a conoscere paradisi naturali come Lampedusa solo per i barconi di immigrati invece che per la loro bellezza.

La piaga dell’autocommiserazione è forse peggiore di qualsiasi ignoranza che abbiamo nominato fin’ora. Perché è vero che può benissimo non piacerti la grande bellezza (non è nemmeno tra i nostri film preferiti per capirci) ma è anche vero che se fosse il nuovo film di un regista americano quotato lo avremmo preso tutti molto più sul serio. Sicuramente ci saremmo risparmiati gli sfottò sui social.

Morale della favola? Certo, in molti campi rispetto alla cultura moderna noi italiani facciamo la figura dei provinciali e, lo sappiamo, abbiamo una quantità di problemi interni esorbitante, ma possiamo dire che per quanto riguarda altrettanti ambiti siamo noi a guardare dall’alto in basso qualsiasi altro paese. Non ce lo ripeteremo mai abbastanza.

L’erba del vicino è sempre più verde,  lo si sa, ma anche la nostra non è del tutto marcia!