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"I soldi sono finiti", nel 2007, è la loro opera prima, e tanto per non farsi mancare nulla ironicamente inseriscono in ogni album una moneta da un'euro in omaggio. L'album procede tra testi ricchi di invettiva, intelligenti senza risultare aulici e incomprensibili, e melodie stracolme di rabbia energica che crea ritmo e intensità ma il capolavoro dell'album è senza dubbio l'ultimo brano "Abituarsi alla fine", dove la band esprime tutto ciò che è, e tutto ciò per cui fanno musica. La critica alla debolezza della propria generazione vista da fuori inevitabilmente tragica, ricca di speranza e illusione ma senza mezzi per la propria realizzazione.
Si capiva sin da subito che questa era una band sulla quale si poteva contare, sulla quale si poteva spendere, dalle grandi potenzialità e nel 2008 addirittura l'Universal decide di investire. Dopo l'Ep "La piazza" esce il 6 Febbraio 2009 il masterpiece "Tempi Bui", i Ministri proseguono scrivendo e suonando con la loro testa e nonostante ora sia una Major ad occuparsi di loro la linea dei ragazzi politicamente scorretti continua accompagnata per la prima volta da un discreto successo a livello nazionale. Con le loro giacchette napoleoniche portate con i jeans, diversamente dai Beatles nella copertina di Sgt. Pepper's, i ministri lanciano il singolo Bevo, tanto da farsi apprezzare anche dai meno affezionati al genere. Una di quelle canzoni di semplice denuncia, che ti sottolinea il problema senza proporti la soluzione sulla piaga dell'alcolismo, lo afferma anche lo stesso Dragogna che è una piaga dalla difficile soluzione perchè poche sono le alternative al bere; loro stessi ammettono di bere molto prima di salir sul palco perchè le vibrazioni e le ansie che ti provoca un concerto è ogni volta qualcosa di diverso unico e speciale. La band si serve di strutture classiche e forse banali ma ogni volta con una forza emotiva dirompente e frenetica.
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Come per "Bevo" anche "Tempi Bui", manifesto dell'album, prosegue con un frenetico ritmo tra accusa e autocompiacimento, chitarre alte e violenza la fanno da padrone anche poi nelle rivendicazioni di Diritto al tetto, l'ironia malinconica de "La faccia di Briatore", la voglia di fuga in "Berlino 3". Inseriscono in continuazione spassosi output con pezzi di canzoni popolari dalle napoletane alle turche o alle greche. Tempi bui non propone certo domani migliori, non nasconde o manipola la realtà, analizza e critica spietatamente l'oggi guidato da un pessimismo leggermente costruttivo. I riferimenti senza peli sulla lingua evidenziano la loro voglia di trasparenza, di essere diretti, antipatici ma realisti. Dopo due lp così in pochi si aspettavano che un terzo album potesse dirci qualcosa di nuovo sui Ministri o qualcosa di nuovamente sensazionale eppure "Fuori" regala ancora spunti politici e sociali e spoglia definitivamente i ministri da ogni loro maschera se ancora ce ne fosse stato bisogno. Bisognava vincere una sfida che come ci aspettavamo si erano proposti, diventare vecchi (o meglio crescere), senza invecchiare. Bisognava andarsi a prendere la corona di miglior gruppo italiano, parlando di rock, della nuova generazione. Non c'è con la stessa intensità il caratterizzante furore, non c'è neanche quello spirito battagliero e rivoluzionario che gli spingeva a sviscerarsi piuttosto che non arrivare dritti al cuore e alla testa delle persone. La riflessività e il cantautorato è la nuova sfida che provano i ministri, non solo nei temi ma anche nelle sonorità non dimenticandosi comunque di essere dei Rocker. Le tastiere, che potevano sembrare un banalissimo tentativo di decorazione, non si rivelano niente male, piacevoli e con una paraculissima cadenza pop. "Gli alberi", il pezzo forse più rappresentativo, sembra una citazione del "Barone rampante" di Calvino, anche se il video, con le loro facce che sono infarinate può anche far pensare a un rigetto per la piaga della coca e della droga in genere. Fatto sta che la canzone regala momenti di ottima musica, l'emblema del cambio di registro (interspaziando tra pop e rock) della band. "Noi fuori", ultimo singolo pubblicato ci ripresenta invece esplicitamente la condizione generazionale, ricalcando su quella rabbia stilistica tipica dei lavori precedenti e non abbandonandone il pessimismo (Noi fuori non sappiamo cosa fare!)
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I ministri non hanno più un contratto con l'universal è vero, ma non vuol dire che il loro talento si sia esaurito anzi, può essere l'occasione per riprendere qualcosa di lasciato a metà, o approfondire tematiche e suoni che la pressione della major, in costante fame di guadagno, magari gli ha fatto abbandonare. Invece quest'anno esce "Per un passato migliore", etichettato Godzillamarket di licenza Warner music in collaborazione col produttore Tommaso Colliva, per la prima volta quindi il quartetto affiatatissimo ed efficace che i tre formavano col produttore Alessio Camagni non lavora insieme e i risultati credo gli vedremo entro breve, nella speranza che comunque questo disco, peraltro valido, possa portare tante soddisfazioni ad una band che decisamente se le merita.
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