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venerdì 14 giugno 2013

Rock'n roll lifestyle

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Il rock, quello vero, quello che in molti hanno amato, quello dallo stile di vita sregolato, o “spericolato” per dirlo alla Vasco (ma con musica buona però) con le sue groopie e i suoi eccessi a detta di molti oggi sarebbe morto. Boy band di fighetti reclutati ad hoc per piacere a madri e ragazzine, cantanti di qualsiasi altro genere che fingono di esserne esponenti di punta: negare una certa svolta negativa è difficile. Più che sui cambiamenti musicali relativi al nostro genere preferito oggi, concedetecelo per una volta, ci dedicheremo al puro e semplice stile di vita rock’n roll: una volta tanto la forma davanti al contenuto anche qui da noi.

[caption id="" align="alignleft" width="261"]download alcuni membri del famigerato "club 27"[/caption]

“Sex and drugs and rock’n roll is all my brain and body need”  (cliccate e ascoltatela)cantava Ian Dury con I suoi The Blockheads nel 1977 dando vita a quel mito e soprattutto a quel modo di dire che ancora oggi usiamo. A dire il vero il life style legato a questo genere musicale è da sempre fatto di un eccesso dietro l’altro finalizzati allo spasso e allo sballo totale fin dalle sue origini negli anni 50 e prima ancora nel blues. Essendo la colonna sonora di numerose ribellioni e movimenti giovanili il rock con il suo ritmo travolgente non può che portare alla perdizione e alla dissoluzione: questo pensavano in breve le famiglie medie americane al momento della sua dirompente comparsa. Non sto a raccontare i simpatici aneddoti relativi alle campagne contro questo genere negli USA perché immagino le abbiate sentite un po’ tutte, tuttavia ricordo il numero impressionante di stazioni radio cui fu vietato di trasmetterlo e le tv che giudicarono le commediette romantiche musicali di Elvis (oggi ridicole anche per noi)  oscene e istiganti alla violenza. La droga e l’alcol sono alla base della dieta del rocker si suol dire, egli ne ha bisogno per trainare le folle oceaniche che assistono ai suoi concerti e soprattutto per ricavarne ispirazione, nel caso degli acidi, si aggiunge. Jim Morrison, il re lucertola, negli anni 70 fu uno delle prime vittime di questa condotta e contribuì non poco a renderla un obiettivo per i giovani fan di tutto il mondo. La sua morte, inoltre, lo fece entrare di diritto nell’albo, forse per primo, delle vere e proprie leggende del rock oltre che dare origine a migliaia di leggende circa la sua solo “apparente” morte. La leggenda che etichettò definitivamente il musicista rock come bello, dannato e vizioso negli eccessi fu quella del così detto “club 27”, ovvero quel gruppo di artisti morti nel giro di pochissimi anni all’età di 27 anni. Brian Jones, fondatore dei Rolling Stones nel 69, Jimi Hendrix e Janis Joplin nel 70 e lo stesso Morrison nel 71 sono i “membri originari” ma nel corso degli anni gli si sono aggiunti personaggi del calibro di Alan Wilson dei Canned Heat , Dave Alexander degli Stooges e Kurt Cobain dei Nirvana.

[caption id="" align="alignright" width="183"]download (1) Mark knopfler, leader dei Dire Straits[/caption]

Il binomio rock-eccessi a mio parere va differenziato da quello rock-autodistruzione. Se infatti molti artisti appartenente all’enorme scena di questo genere hanno condotto e continuano a condurre una vita di eccessi, non è detto che lo facciano con fini volutamente
autodistruttivi. Dei nomi del club 27 citati prima, per esempio, la maggior parte è morta per cause relative agli stili di vita sregolati finalizzati semplicemente allo sballo e al divertimento sregolato, una minoranza era invece affetta da depressione cronica, Kurt Cobain su tutti. Solo questi ultimi, a mio parere, erano in qualche modo consapevoli della fine a cui andavano incontro (Cobain morì comunque suicida e dunque non fa testo).

Nonostante questa immagine cattiva e da “duri” relativa ai rockers, fondata sui personaggi precedentemente nominati, vi sono altrettanti esempi di musicisti rock dalla condotta modello o comunque nella norma. I Beatles, nonostante il risaputo uso di droghe fatto per un periodo, mantennero sempre la propria aria da “good guys”, così come i Dire Straits decenni dopo e gli Arctic Monkeys negli ultimi tempi. Quella del rocker selvaggio e indomabile rimane dunque una caratteristica a cui non tutti decidono di conformarsi.

La filosofia “live hard, die young” (“vivi intensamente, muori giovane”) sembra ultimamente andare persa ma siamo sicuri sia un male? L’autodistruzione non sembra certo desiderabile e tanto meno uno stile di vita tutto al limite, godersi la vita e alzare il gomito ogni tanto mette comunque quel pepe di cui tutti prima o poi sentono il bisogno e su questo c’è poco da obiettare.

 Hai il rock nell’anima ma non ti droghi e non bevi? Fai quello che vuoi della tua vita ma alza il volume di quello stereo figliolo!



 

martedì 11 giugno 2013

Lo sport anche d'estate

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Per riallacciare il rapporto con i lettori l'unica cosa sensata era quella di arrivare qui oggi e parlare di sport e, a rigor di logica, è quello che sarà fatto.
La copertina della settimana va al portentoso Rafa Nadal, che ha appena fatto la storia del suo sport vincendo addirittura 8 volte in carriera in uno torneo dello slam, superando astri luminosi e leggendari quali Federer e Sampras, entrambi arrivati a quota 7 vittorie a Wimbledon ma con lo svizzero che sembra avere ancora tempo per migliorare. Sulla terra rossa di Parigi, la sua terra rossa, Nadal non si è curato del problema al ginocchio che lo tormenta da ormai un biennio e con la potenza scalzante del suo tennis ha costretto ad inginocchiarsi di fronte a lui il meglio del palcoscenico tennistico mondiale; Wawrinka nei quarti (lo svizzero è numero 10 al mondo) passando per quella semplice semifinale con Djokovic (n. 1), 4 ore e 37 minuti di puro ed estenuante spettacolo, per poi trovare in finale il connazionale Ferrer, piegato molto più facilmente (nonostante l'inappropriatezza del termine) degli altri.

[caption id="attachment_330" align="alignright" width="295"]L'emozionante vittoria di Rafa L'emozionante vittoria di Rafa[/caption]

Nadal all'ottava finale e Ferrer alla sua prima in uno slam, non era difficile prevedere l'esito del match ma ciò che ha stupito di Rafa è che questo record, che ai più, in questo periodo e in queste condizioni fisiche, sembrava solo un miraggio, se l'è andato a conquistare con la sua caratteristica caparbietà, la caparbietà del professionista che tante volte è l'unica strada per tornare sul trono. Nonostante la vittoria e il record Nadal scende dal quarto al quinto gradino del ranking atp, scavalcato proprio dal finalista Ferrer, ranking guidato sempre con grande gap di vantaggio da Nole, il serbo vanta più di 3000 punti di scarto su Murray, secondo nel ranking.
Questa sera invece sarà l'ultima in cui la nostra nazionale, gli azzurri di Prandelli, scenderà in campo senza la pressione della gara ufficiale, l'ultima prima dell'evento calcistico dell'estate, la nona edizione della menosissima confederation cup. Stasera contro Haiti si fanno le prove generali per una competizione in cui è giusto giocare per essere protagonista. L'Italia ha ancora un anno per diventare un team maturo e affiatato, trovare una sua identità di gioco e proseguire cercando di perfezionare quei piccoli grandi difetti che in alcune sfide rischiano di risultare fatali. Nell'ultima gara contro la Repubblica Ceca abbiamo potuto assistere a quanto di bello e di brutto ci sia nella nostra nazionale.

[caption id="attachment_331" align="alignleft" width="240"]Prandelli mentre ne pensa una dell sue! Prandelli mentre ne pensa una dell sue![/caption]

Un reparto difensivo un pò allegro che con la testa un pò in vacanza è riuscito a tenere la dirompenza avversaria, dirompenza che ha portato più volte a veloci verticalizzazioni sugli esterni che hanno creato qualche problema al trio Bonucci Barzagli Chiellini (che ci hanno comunque fatto capire come e perchè la juve è tanto inattacabile dietro), laddove non sono arrivati ci è arrivato il numero 1. Peccato che quest'uno sia l'uno più forte di tutti, ormai capitano di juve e nazionale, la storia del calcio non si scorderà presto di Gigi Buffon, che continua nonostante l'avanzare dell'età a proporre parate miracolose, con i cechi bravo sia nell'uno contro uno che tra i pali, sventando tentativi pretenziosi ma pericolosi. Poco nulla da segnalare dal centrocampo in su con i nostri reparti sopraffatti dalle motivazioni, causa una classifica traballante, dei cechi. Italia che però alla fine porta a casa un preziosissimo punto che permette di tenere a debita distanza i principali concorrenti per il primo posto del girone e per la qualificazione al mondiale che ora più che mai sembra davvero ad un passo.
Durante la confederation certe prestazioni però non si potranno ripetere. Gli avversari, soprattutto i brasiliani che giocano in casa e hanno tutto da dimostrare, sono inaffidabili e imprevedibili, e anche se non ci aspettiamo ritmi altissimi, come vuole la tradizione di questo torneo, ci aspettiamo almeno partite palpitanti, risultati incerti tante giocate e tanti gol. Una delle confederation più suggestive di sempre, non solo per l'estenuante e apparentemente perfetta organizzazione che istituzioni e popolo brasiliano hanno saputo offrire ma anche perchè i valori delle squadre in campo, quest'anno più che in altri, sono di altissimo livello. Oltre al Brasile, nazione ospitante, abbiamo la plurititolata Spagna di Del Bosque, di cui aspettiamo con trepidazione la disfatta (la aspettiamo ormai da troppo tempo), in veste di campione del mondo, l'Italia, solo vice-campione d'Europa, l'Uruguay di Suarez e Cavani, campione della coppa America disputata in Argentina, il Giappone, a rappresentare le nazioni asiatiche, Tahiti, per le nazioni oceaniche, la Nigeria, detentrice della coppa d'Africae poi il Messico vincitore della concacaf gold cup (la coppa per i paesi centro e nord-americani) che esordirà proprio contro la nazionale di Prandelli il 16 giugno a Rio. Nel nostro girone anche i padroni di casa e la mina vagante Giappone che tutti hanno paura di sottovalutare ma che alla fine lo sappiamo, sarà drammaticamente snobbato. L'obiettivo è piazzarsi tra i primi due posti cosicchè che poi per vincere basteranno due partite perfette e una discreta dose di fortuna, che non guasta mai.

[caption id="attachment_332" align="alignright" width="333"]Tifoserie che iniziano ad essere calde Tifoserie che iniziano ad essere calde[/caption]

Oggi il trofeo può sembrare lontano ma sono dell'idea che l'Italia partecipi a questa competizione consapevole di poter vincere, sicuramente più motivati della Spagna, sicuramente più oganizzati del Brasile non possiamo e non dobbiamo temere proprio nessuno. Ricordate però che, sempre per tradizione, chi vince questa competizione non solo non vince il mondiale, ma ci fa anche una cospicua figuraccia, com'è successo al Brasile nel 2006 e nel 2010, ma speriamo in tutta franchezza che i verdeoro non abbiano imparato la lezione.

giovedì 6 giugno 2013

Crisi e consumismo esagerato

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[caption id="" align="alignleft" width="254"]download (2) L'Ipad, il tablet apple a cui molti non sanno resistere nonostante il prezzo[/caption]

Mi trovo spesso a riflettere sul mondo e su questa crisi di cui si fa tanto parlare ormai dal 2007. Il lavoro è diminuito, nulla da dire a proposito, gira molto meno denaro rispetto sette anni fa, anche questo è vero, ma soprattutto lo stato negli ultimi anni ha chiesto un aumento dei sacrifici dei contribuenti attraverso la maggiore tassazione di IMU e
compagnia bella. Questi drammatici effetti sono davanti ai nostri occhi tutti i giorni, tuttavia mi viene spontanea una semplicissima riflessione: possiamo davvero parlare di crisi in un paese in cui salvo casi estremi di miseria e ristrettezze economiche, per quanto gravi siano, il resto della popolazione da segni di chiara prosperità per altri versi?

Una semplice osservazione che mi capita di fare è il conteggio degli iPhone, che siano 4 o 5 non importa (in pratica i 2 modelli di cellulari più recenti della apple per i più ignoranti), in cui mi imbatto passeggiando per il centro di una qualsiasi città.  Telefoni del costo medio di 600 euro (approssimando ampiamente per difetto) sono probabilmente i modelli più diffusi ora come ora nel nostro paese: è un fatto. Chi non vuole eccedere nell’acquisto di un gioiellino del genere sembra invece preferire le valide alternative offerte dalla Samsung coi suoi S3 o S4 GT, che comunque sotto i 400 euro non scendono in quanto a costi. C’è da dire che i telefoni in questione non sono, se non in rari casi, acquistati direttamente, quanto piuttosto tramite rate o finanziamento, in modo di spalmarne il pagamento in più tempo o di ricevere un anticipo, tuttavia saperli una spesa così diffusa, e dunque ritenuta necessaria dagli italiani, fa riflettere molto. Possiamo realmente dirci in mezzo a una crisi simile dal momento che continuiamo a permetterci lussi del genere? La crisi in sé in quanto peggioramento della situazione economica, testimoniato dalla diminuzione del PIL, è innegabile, ma personalmente credo siano le nostre abitudini nelle spese a renderla peggiore di quello che è, oltre che ovviamente ai media che ribadiscono in continuazione la sua esistenza (come se un fenomeno così eclatante potesse passare altrimenti inosservato).

[caption id="attachment_326" align="alignright" width="266"]images l'attesa presentazione del samsung galaxy s4[/caption]

La tecnologia in modo particolare sembra ossessionarci a livelli incredibili. Comperiamo cellulari, come si è detto, come se piovesse, acquistiamo tablet per poter eseguire le stesse azioni (non si parla ovviamente di chiamate e messaggi che sono passati in secondo piano da anni ormai) a dimensioni più confortevoli e infine ci riempiamo di computer,  che in fin dei conti finiamo per usare unicamente per internet e i social network su tutti. Tre apparecchi per poter svolgere le stesse funzioni (a parte appunto quelle di telefonia dimenticate) trovano terreno fertile in ogni fascia di reddito e ceto sociale. Questa osservazione mi fa ipotizzare due dati:

  • Uno è che, essendo il costo delle apparecchiature solitamente esorbitante, le fasce di reddito più basse finiscano sostanzialmente per togliersi il pane di bocca pur di comprarsele.

  • Il secondo è che, essendosi diffuse tra individui che fanno i mestieri più disparati, non possano essere utilizzati da tutti allo stesso modo. Se infatti sono pronto a credere che, per un professionista o un professore universitario, avere un tablet o un cellulare con la posta elettronica integrata e la relativa connessione internet veloce possa essere molto utile, allo stesso modo vedo l’utilizzo degli stessi dispositivi da parte di determinate altre professioni sostanzialmente come inutile. È chiaro che l’acquisto da parte di chi non li utilizza per lavoro è destinato allo svago e che dunque non costituisca teoricamente una necessità primaria.


La somma di queste due osservazioni mi porta a pensare quanto spesso persone che di tale tecnologia non hanno necessità, e che guarda caso talvolta sono proprio coloro che svolgono i mestieri più “umili”, come sono forse irrispettosamente chiamati, e risentono maggiormente della crisi in atto,  l’acquistino per futili motivi. Sostanzialmente il paradosso è che coloro che faticano maggiormente ad arrivare alla fine del mese, ma decidono comunque di comprare computer, tablet o cellulare che sia, sono quelli che ne avrebbero meno bisogno.

La mia ipotesi è che tali oggetti siano diventati una sorta di “status symbol” di agiatezza economica di cui però nessuno vuole privarsi. In altre parole è come se, in termini automobilistici, tutti volessero comperarsi una Mercedes per far vedere quanto sono ricchi: il risultato sarebbe che chi può realmente permettersela continuerà la sua vita ai soliti standard, mentre chi in circostanze normali acquisterebbe una Fiat finirà a fare la fame e ad abitarci dentro questa sudata Mercedes per cui ha speso i risparmi di una vita. La situazione oltre che assurda sembra drammatica vista sotto questo punto di vista, tuttavia è la stessa che vivono milioni di persone (ovviamente molto amplificate
nell’esempio).

Anche in questo caso sembra (come per il conformismo di cui si è parlato venerdì scorso) che il voler essere come o meglio degli altri, condizioni il consumismo fuori misura diffusosi negli ultimi tempi. C’è chi dice che i consumi sono positivi in ogni caso, perché aiutano la ripresa dell’economia in difficoltà, io dico che, prima di tutto, l’economia per milioni di persone si riprenderebbe un minimo se, al contrario, si contenessero determinati consumi inutili.

 

martedì 4 giugno 2013

Il giovane Holden: un classico "ribelle"

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[caption id="" align="alignleft" width="224"]download Salinger,l'autore del romanzo[/caption]

Dopo tanto tempo torna a farsi ammirare su the freaky times la rubrica che il mondo intero ci invidia: quella letteraria! Nonostante solitamente non facciamo che vantarci della nostra originalità, oggi ci troviamo a proporvi un classico. Si parla di un classico moderno chiaramente, visto che la sua stesura risale al 1952, tuttavia ritenendolo un libro che può cambiare il modo di vedere il mondo, o comunque coinvolgere completamente non possiamo che consigliarvelo. Tenetevi forte alla poltrona vecchi ubriaconi, oggi si parla de “Il giovane Holden” di Jerome David Salinger.

State cercando un romanzo di formazione in cui un giovane in cerca  di modelli da seguire o convenzioni da assimilare riesce, dopo numerose traversie e difficoltà, a trovare il suo posto nel mondo ed a realizzarsi? Per la miseria questo non è affatto un libro per voi! Il giovane Holden Caulfield ne ha piene le tasche dei suoi coetanei, della scuola che frequenta, del mondo che lo circonda e soprattutto ha una dannata paura del mondo degli adulti a cui comincia ad affacciarsi.

[caption id="" align="alignright" width="196"]download (2) James Dean, per certi versi "un giovane Holden" nei suoi film e nella sua vita[/caption]

Il protagonista di quella che si rivela essere una ribellione di pochi giorni è uno studente sedicenne di estrazione alto-borghese americana, il quale, alla vigilia delle vacanze natalizie, scopre di essere stato bocciato e che sarà quindi costretto a trasferirsi per l'ennesima volta in un altro college. Questo ragazzo, che comunque ammette di essere un “lavativo” e un “bugiardo”, in realtà coltiva la passione per le grandi letture e già dalle prime righe (è lui il narratore degli eventi) rivela tutta la sua profondità.“Quelli che mi lasciano senza fiato sono i libri che quando li ha finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l'autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira”, che dire? Questa frase tratta dal romanzo rappresenta perfettamente ciò che ci si trova a pensare una volta che lo si è terminato. Alternando citazioni colte e un linguaggio colloquiale che sfiora spesso la volgarità, Holden non può che renderci subito parte del suo mondo e soprattutto farci rispecchiare in lui. Il giovane non ha tuttavia la minima intenzione di condividere questa passione per la letteratura con i coetanei, che sembra non sopportare, specialmente con il compagno di stanza, Strandlater, con il quale si saluta con una bella scazzottata in vecchio stile; decide piuttosto di fuggire dal collegio prima che i suoi genitori sappiano dell’espulsione, e di recarsi a New York. Lasciandosi quindi alle spalle i tristi ricordi, Holden abbandona il college e prende il treno con il proposito di trascorrere tre giorni in libertà per poi tornare a casa per Natale, pronto a ricevere tutta l'ira (chissà se vera o fasulla) dei genitori. Da questo momento in poi ha inizio il vagabondare del giovane Caulfield: da un vecchio professore all'altro, dalla madre di un odioso compagno di college a una coppia di suore, da un'antica fiamma a una giovane prostituta, da un ex compagno di studi alla “folla solitaria” dell'anonima metropoli notturna, fino agli incontri clandestini e liberatori con la sorellina minore Phoebe. “Il viaggio iniziatico del giovane Holden si dipana come un fluire della coscienza, un abbandonarsi alle sensazioni. Tutt'intorno, si stendono il grande nulla d'America, il vuoto dei sentimenti e delle azioni, quell'onnipresente essere fasullo che tanto opprime il protagonista.” Tanto per citare uno dei numerosi riassunti legati al libro. Alla fine delle peripezie vissute in città il
ragazzo si ricongiungerà con la famiglia e l’adorata sorellina, ma non si può certo dire che siamo di fronte a un lieto fine come se ne trovano spesso: Holden nelle ultime pagine si scopre essere stato internato in un ospedale per essere curato dalla tubercolosi oltre che essere entrato in analisi. L’autore sembra (e riesce pienamente in questo suo probabile intento) voler stendere un anti-romanzo di formazione in cui: il protagonista è palesemente confuso, racconta la vicenda in modo quasi sgrammaticato, non sopporta nessuna delle persone che lo circondano e come se non bastasse al termine dei tre giorni di riflessione e vagabondaggio finisce in ospedale e in psicoterapia anziché felice, contento e realizzato.

Chi di noi non si è mai sentito completamente estraneo al mondo che lo circonda? Quante volte siamo stati vicini all’esaurimento nervoso per l’insensatezza che sembrano assumere le nostre vicissitudini? Non ditemi che non avete mai giudicato il mondo come una accozzaglia di convenzioni sociali obsolete e puramente formali, ipocrisie di ogni tipo e ignoranza portata come vanto! “Il giovane Holden” è la storia di ribellione infantile e sconclusionata verso tutti e nessuno allo stesso tempo che si trasforma in filosofia di vita. E’ il non voler crescere e l’essere già troppo cresciuto. È il libro che ti fa capire di non essere il solo a provare avversione e soprattutto ad essere spaesato di fronte a certe cose. E’ il libro che se hai meno di 25 anni devi assolutamente leggere: dopo questa soglia lo stesso effetto purtroppo non sarà più garantito.



 

lunedì 3 giugno 2013

A volte serve: Il lato positivo (6,5/10)

Ripartendo dalla rubrica cinema si è deciso di solcare la linea che ci porta a recensire e commentare ciò che accade nel cinema di questo periodo e nella settimana in cui il box office è dominato dal nuovo ed ultimo capitolo di quella che si è scoperto essere una trilogia: Una notte da leoni 3 sta infatti procedendo senza rivali nella sua corsa all'incasso migliore che ammonta oggi a ben 6.1 milioni di euro in una sola settimana di programmazione. Ma chi se ne frega di Una notte da leoni 3? Di Bradley Cooper, Phil Wenneck, la star del film, volgiamo raccontare un'altro recente lavoro che, senza togliere nulla a nessuno, ha un valore cinematografico nettamente diverso e senza dubbio superiore della commedia di Todd Phillips, stiamo parlando di uno dei protagonisti alla notte degli oscar alla quale è arrivato con all'attivo 8 nomination, di cui però solo una si è trasformata in statuetta. Silver Lining Playbook è l'ultimo, forse il primo, capolavoro del già insultato David O. Russel, quel violento cineasta Newyorkese che stranamente questa volta sul set non è stato coinvolto in nessuna lite furiosa, o almeno è stato bravo a non far trapelare nulla.

[caption id="attachment_313" align="alignleft" width="200"]Un assonnato Bradley Cooper, star del momento Un assonnato Bradley Cooper, star del momento[/caption]

Una storia tratta da un romanzo di Matthew Quick ("L'orlo argenteo delle nuvole" che arrivati a questo punto vale la pena di leggere) ed efficacemente adattata da Russel, che ha avuto a disposizione la sua stessa penna per una sceneggiatura che poco aveva da rifinire ad un romanzo tutto sommato piacevole, poco apprezzato in Italia, chissà che non sia anche perchè parla troppo di football americano, gioco ai più incomprensibile. Il mese scorso è arrivata la versione home-video negli Usa, noi invece dovremmo attendere un pò di più e per chi non avesse avuto l'occasione di guardarlo al cinema o, cosa assai più probabile, in streaming eccovi il film.
Pat è un singolare giovane che ha perso tutto ciò che aveva di caro una tragica notte di follia quando, rientrato in casa, coglie la moglie Nikki alle prese sotto la doccia con un duetto con un suo collega insegnante e accecato da rabbia e diniego massacra il docente finendo per scontare 8 mesi e mezzo in un ospedale psichiatrico. Tornato a casa dei genitori ha un solo obiettivo, tornare tonico e stabile cosicchè la sua vita con Nikki possa più che ricominciare ripartire sulla base del loro trascendentale amore. "Excelsior" è il suo motto, positività auto-imposta che riesce a tener accesa la sua speranza di lieto fine. Il rapporto con i genitori è freddo, le cure non procedono alla perfezione, Nikki sembra solo un miraggio eppure Pat non rinuncia alla sua positività. Ad una cena a casa di amici conosce Tiffany (l'idolo delle folle Jennifer Lawrence, è lei l'unica stata capace di trasformare la nomination in oscar), una donna lugubre e apparentemente intrattabile ma che si apre quando con Pat si trova immersa in uno spassoso scambio di informazioni sugli psicofarmaci utilizzati.

[caption id="attachment_316" align="alignright" width="290"]La tragicomica caduta della Lawrence sulla scala che porta al palco (Oscar 2013) La tragicomica caduta della Lawrence sulla scala che porta al palco (Oscar 2013)[/caption]

L'amicizia tra i due si approfondisce intanto Patrick sr. (Robert De Niro) continua a pressare suo figlio invitandolo in pratica ad essere il suo "talismano" ogni qual volta gli Eagles di Philadelphia giochino un match. Uomo di buon cuore ma padre inetto Patrick è un incallito scommettitore con il sogno di aprirsi un ristorante e ripone tutta la sua fiducia in Pat, che dovrà solo andare allo stadio con suo fratello e aspettare che gli Eagles vincano la partita decisiva. Intanto lo squinternato protagonista prende un impegno con Tiffany, un accordo secondo il quale lei dovrà consegnare una semplice lettera a Nikki e lui in cambio concedersi ad un duetto di ballo che culminerà poi nella gara finale. Allo stadio il giorno della gara decisiva accade un disastro, una lite tra tifosi coinvolge Pat e la sua compagnia costringendoli a tornare a casa delusi e deludenti. Il padre di famiglia infatti una volta resosi conto dell'accaduto mostra tutta la sua frustrazione e tutta la sua freddezza nei confronti del figlio definito un perdente. Quella Tiffany tanto malvista dalla famiglia di Pat irrompe nell'abitazione lanciando inaspettatamente una solida soluzione, con adeguate e sorprendenti argomentazioni. L'allibratore vista una difficile situazione propone un ultima "double", una duplice scommessa: gli Eagles devono battere i Cowboys con dieci punti di scarto minimo e la coppia di ballerini raggiungere un voto di almeno 5 su 10 alla gara di ballo, eventi, questo e la partita, che si svolgeranno lo stesso giorno. Seguendo molto il romanzo il momento clou di esplosione del film è interamente concentrato in un inaspettato e apprezzatissimo finale dalla forte componente empatica.

[caption id="attachment_315" align="alignright" width="284"]La locandina dell'home-video La locandina dell'home-video[/caption]

Con l'ennesimo cast di stelle a disposizione O. Russel doveva finalmente dimostrare ciò che valeva e nonostante non superi più di tanto le aspettative si dimostra abile, sarà ormai l'esperienza che l'ha formato, nel far proprio quella moderna tradizione cinematografica di mescolare commedia e tragedia rendendo i film sempre più vicini agli spettatori in quanto riguardanti storie più simili alla vita vissuta. Senza mai far prevalere un tono sull'altro, con ambientazioni e dialoghi ricercati e a modo loro raffinati, accompagnati da una grande carica di tensione emotiva e da un discreto livello di qualità artistica Silver Lining Playbook è l'emblema della commedia moderna. Abile nell'evadere dalla rogna del troppo football mettendo in risalto, più che i dialoghi dei momenti di sport, le sensazioni, le vibrazioni che queste conversazioni provocavano ad ogni membro della famiglia. La comicità, fornitaci dall'assurda e instabile psiche dei personaggi (dal primo all'ultimo), non cessa mai di sussistere perdendosi ogni tanto in scolastici ma pregevoli ritocchi da sit-com. Sequenze degne di nota, fini e che rimangono impresse, che più volte in archi temporali diversi vengono riproposte allo spettatore (e qui lo si capisce distintamente quanto il romanzo sia stato la grande base del successo) con lo scopo di farlo sostanzialmente affezionare ai protagonisti, alle loro vite e alle loro abitudini. Un film notevole con un profondo messaggio da lanciare e che ci sentiamo giustamente di condividere. Un messaggio di ottimismo che ci sembra allo stesso tempo un ammonizione. La positività che infatti investe Pat e che pian piano si insedierà anche nei cuori e nelle menti di chi li sta attorno non è mai produttivo, non dà frutti finchè non ci si libera di demoni e rimorsi, non è favorevole insomma finchè non è completamente autentico. Sarà quella Tiffany trattata inizialmente con tanta diffidenza ad iniettare autenticità in quel "Excelsior" che fino al suo impetuoso comparire era solo una scritta senza una sua pagina. Sarà questo'unico sgarro di Pat, quest'unico fuori programma con Tiffany a salvarlo e a regalarli la felicità. Insomma il pessimismo non aiuta di certo ma anche una grande dose di ottimismo, se ti trascina nel baratro di un ottusa ossessione fino a renderti offuscato e cieco, può essere pericolosa. L'invito è quello di lasciarsi andare, in un periodo e in una società nella quale "programmazione" è diventata la parola d'ordine per sopravvivere è forse sotto quelli che ci appaiono ostacoli che sta nascosta la nostra realizzazione.

sabato 1 giugno 2013

In fine le finali, arrivederci al calcio

Ora è tutto vero signori, la stagione è finita e un caro arrivederci al calcio è doveroso. In questo freddo sabato testimone dell'arrivo dell'estate è giusto fermarsi e riflettere su quelle briciole di stagione che ancora non abbiamo avuto modo di commentare. Proprio 6 giorni fa a Roma si è svolta la finale di coppa d'Italia, quell'evento che aveva portato tensione in città già parecchi giorni prima del suo inizio.

[caption id="attachment_303" align="alignright" width="280"]Psy in trans da prestazione Psy in trans da prestazione[/caption]

Accolto malissimo, com'era prevedibile, l'ideatore del gam-gam style PSY, fischiato e schernito nonostante fosse lui l'ospite internazionale della serata i romani non hanno certo tentennato nel mostrare il loro disappunto al cantante, che dal canto suo ha rovinato in buona fede mesi e mesi di tranquillità della maggior parte degli spettatori. Un piccolo spazio è stato dedicato anche alla dolce Malika Ayane che ha cantato brevemente il nostro inno nazionale a cappella, risultando un pò ridicola ma che talento ragazzi. La già citata tensione poteva giocare brutti scherzi all'esterno dello stadio, tra due tifoserie che si odiano, calcisticamente e non, come si odiano gatti e topi, e invece le autorità sono state capaci di mantenere per tutto il pomeriggio un soddisfacente ordine pubblico e gli unici vittima di questa spropositata e controproducente tensione sono stati gli interpreti del match. La Roma e la Lazio hanno dato vita ad una partita che è difficile definire meglio che mediocre, un match ricco da falli e interruzioni, con pochi gesti balistici illuminanti, pochi cambi di ritmo con le gambe che sembravano tremare a chiunque. Due difese attente ma non all'estremo la netta differenza tra le due squadre è stata a centrocampo dove ne Bradley ne De Rossi, i due giallorossi impiegati mediani non hanno saputo nè fare efficacemente da schermo né sono stati capaci di dare velocemente il via a ripartenze pericolose. Se lo statunitense ha saltellao tra buone, medie e pessime prestazioni, De Rossi ha passato tutto l'anno a metterci l'intensità di un gattino più che di un leone alla quale ci aveva abituato. Zeman deve essere stato un duro colpo per lui ma gli è stato dato il tempo per riassestarsi, per riprendersi, e se tutto questo tempo non sei riuscito a sfruttarlo è ora di rivalutare le priorità, prima della squadra e poi del giocatore (che, purtroppo per capitan futuro, sembra aver un futuro lontano da Roma). Totti e Lamela spenti, Destro che vagava con tutta la sua buona volontà in cerca di un occasione senza mai crearsene una. L'unico a salvarsi è Marquinho, impiegato come esterno alto di sinistra, l'unico capace di dare un leggero equilibrio alla squadra ma comunque insufficente per quanto riguarda la fase offensiva. Una Lazio con un'identità precisa che a dispetto di quanto non dica lo stretto punteggio ha sempre dominato l'avversario, l'ha domato sfruttando una disorganizzazione che ha del patetico da parte dei giallorossi e di Andreazzoli (visto che stiamo parlando di una squadra di serie a). Candreva e Lulic coronano la loro miglior stagione, sia dal punto di vista fisico che realizzativo, con un'altra grande prestazione sulle fasce, zona nevralgica del campo nelle quali i centrocampisti arrivavano abbastanza facilmente a rifinire l'azione che poi si trasformava in occasione da gol. Lazio soddisfattissima che fa suo il derby che, come si annunciava da tempo, poteva salvare la stagione di entrambe le squadre.

[caption id="attachment_304" align="alignleft" width="150"]lazio campione Lazio campione[/caption]

Lotito forse appagato rinuncerà di nuovo ad investire cosa che ora non può esimersi dal fare la società giallorossa, semplicemente un disastro da quando ha preso in mano la Roma. Anno dopo anno si è andato a diminuire il monte ongaggi, che era tra i più alti della A, investendo in giovani promettenti, per il futuro quindi, fatto sta che i tifosi aspettano ormai da tre anni un futuro che sembra non arrivare mai. Un settimo posto, un seto posto e tante polemiche sono il bottino del presidente Pallotta e dei suoi soci.
A Wembley è tutta un'altra storia. Capita spesso di vedere in una finale momenti di tasso tecnico spettacolare elevatissimo ma raramente ci capita di vedere una grande partita per novanta errotti minuti, proprio perchè quella tensione che arrivati in fondo ti fa tremare le gambe non ti concede neanchè un secondo di serenità o spensieratezza, e si sà, giocare con spensieratezza è sempre un gran vantaggio. I 22 in campo si sono fatti beffa della paura e sostituendola ad una concetrazione e una professionalità che solo i tedeschi ci potevano insegnare hanno dato vita ad un match esaltante, senza esclusione di colpi, e solo la gran giornata dei due portieri non ha permesso alla parita di avere un punteggio pirotecnico. Borussia Dortmund 1 Bayern Monaco 2, forse è giusto che sia finito così, sicuramente è emozionante vedere le lacrime di Robben, da troppo etichettato come il fuoriclasse perdente.

[caption id="attachment_305" align="alignleft" width="290"]Incredulo Robben Incredulo Robben[/caption]

Una soddisfazione sportiva indescrivibile per l'olandese che chissà cos'ha pensato in quei brevi ma interminabili momento nei quali la palla rotolava alle spalle di Weidenfeller avvicinandosi alla rete. Il Borussia saluta l'arco di Londra a testa altissima, dimostrando ancora una volta che quella giovane ma immensa personalità era tale da non sopperire nemmeno alla corazzata Bayern Monaco, affrontato senza timore, con l'atteggiamento offensivo e propositivo che solo i grandi club si possono permettere.

[caption id="attachment_306" align="alignright" width="150"]Lacrime, forse di gioia? No. Lacrime per Klopp, forse di gioia? No.[/caption]

Dopo dodici anni è quindi Heynckes a riportare la coppa con gli orecchioni a Monaco riuscendo a realizzare una stagione che ha dell'incredibile, vicino a quella tripletta che proprio tre anni fa realizzò anche Josè Mourinho in Italia, quel Josè Mourinho che sbarazzandosi in finale proprio del Bayern diede il via ad una maturazione dei bavaresi con conseguenze catastrofiche. La domanda che ogni supporter si pone è cosa ne sarà l'anno prossimo di una squadra che rischia un grande senso di appagamento? L'anno prossimo? Beh siamo tutti curiosissimi, arriva al Bayern uno che di senso di appagamento ne sa davvero poco, Pep Guardiola che è chiamato subito a confermare una stagione leggendaria. Non sarà uno scherzo neanche per lui arrivare in Germania alla guida di un club che ha appena vinto tutto e innestare nei giocatori l'idea che si può anche fare meglio (perchè non ci credono visto che meglio di così è difficile). Ma questi sono i classici dubbi di cui tutti odiano sentir parlare, come quando un facoltoso figlio di papà ci mette davanti la sua incapacità di scegliere tra la Ferrari o la Lamborghini a sua disposizione. Parlando invece di chi ha raggiunto i 300 km/h con la panda, il Dortmund che fine farà l'anno prossimo? In tanti pensano che il massimo raggiungibile sia stato raggiunto, una resurrezione unica, 2 campionati conquistati e una finale di Champions sono un bottino niente male per un progetto nato praticamente dalla cenere. Per questo si sente tutti i giorni che un giovane taòlentuoso giallonero è protagonista d'interesse di grandi club a cui è difficile dire di no. Solo il tempo ci saprà dire quali siano le effettive soluzioni della società alla quale comunque, qualsiasi strada venga imboccata, è difficile recriminare qualcosa. Intanto seguiremo con ardore il calciomercato, intanto assisteremo (ma senza passione) al nobile Wimbledon, intanto ci sollazzeremo in costume con un bagno al mare o in piscina svagandoci nel beach soccer o a una partita di calcio balilla, intanto arrivederci al calcio.

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