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giovedì 16 maggio 2013

Il calcio e le sue contraddizioni di fine stagione

In questi giorni di pioggia torrenziale poco primaverile e di finale di stagione calcistica  tutto appare rovesciato. Mentre l’estate continua a essere lontana, vediamo susseguirsi sui campi, particolarmente delle coppe europee, risultati del tutto sorprendenti e impensabili fino a Settembre scorso. Proprio ieri sera il Chelsea, che ricordiamo l’anno scorso ha vinto la Champions League dopo anni al vertice, ha trionfato anche in Europa League sul Benfica. Nonostante il gioco espresso dai portoghesi fosse molto più brillante (o per lo
downloadmeno fosse un gioco ben definito) alla fine hanno contato i singoli del Chelsea, che essendo in alcuni casi gli stessi delle ultime stagioni vissute ai vertici europei, sono certamente determinanti. La stranezza di questa vittoria è figlia anche del fatto che le big del calcio targato vecchio continente solitamente tendono a snobbare l’Europa che “non conta” ovvero la vecchia coppa uefa una volta usciti ai gironi di Champions (i blues erano arrivati dietro Juve e Shaktar). Per una volta si è verificato ciò che potenzialmente può avvenire ogni anno, quando almeno un top team viene inserito a Gennaio nel tabellone di Europa League: esso ha vinto la competizione col minimo sforzo. In realtà stando ai risultati delle gare di sforzo se n’è visto sicuramente, ma per una formazione che solo l’anno scorso eliminava il Barcellona di quel Messi da record può considerarsi tale? La verità sembra essere che questa squadra, già zeppa di campioni esperti, abbia avuto difficoltà nel trovare una sua identità quest’anno (complice anche la partenza di Drogba e i cambi di allenatore) e che appena abbia ritrovato un minimo di coerenza nel gioco  (proprio un minimo) e di condizione (su tutti di Torres) sia giunta senza problemi alla fine dell’Europa League. Quanto al Benfica, tipica squadra da Europa League, ha ben poco da recriminarsi se non le imprecisioni sotto porta: il resto l’ha fatto l’ennesima notte magica di Ivanovich, difensore goleador delle coppe.

I controsensi di fronte ai quali lo sport e il calcio in particolare ci mettono di fronte sono molti. Più che lo strano epilogo della Europa League, l’episodio che oggi ha attirato la nostra attenzione è quello del giovane Alejandro Macias, il quale, a soli 5 anni, di fronte al litigio dell’arbitro della partita che stava giocando e l’allenatore della squadra avversaria ha deciso di dividerli, suscitando l’ammirazione di tutta la Spagna (paese dove è avvenuto il fatto) e in queste ore di tutto il mondo. Il bambino avrebbe detto testualmente ai due litiganti: “basta! Voglio continuare a giocare!”. L’episodio ha trovato ancora maggiore visibilità, oltre che per la sua assurdità, per il fatto che uno dei papà che assisteva alla partita in tribuna ha colto questo episodio con una fotografia chiarissima.


 In un periodo come quello che stiamo vivendo, dove si parla molto di razzismo negli stadi, con il caso di Balotelli e Boateng prima di lui, sulle prime pagine dei giornali a far dividere l’opinione pubblica, ma anche episodi come quello del tifoso del Torino indagato per tentato omicidio durante i tafferugli del derby con la Juve, quella di Alejandro è una foce fuori dal coro.



Andiamo! E’ solo calcio!


Possibile che gente muoia nei disordini causati dagli ultras e che si facciano dei “buu” a un ragazzo come qualsiasi altro (con i suoi pregi e i suoi difetti) che sta semplicemente giocando solo per il colore della pelle? Forse la domanda sembra banale, ma tornare alla vera natura del calcio, il gioco del pallone, ogni tanto non può che fare bene. Al di là di quale sia l’atto di eccessiva pressione che si fa, è bene ricordarsi di cosa si sta parlando. E se mentre si vedono allenatori e giocatori menare le mani, per protestare sulle decisioni arbitrali, quando ci sono in ballo milioni di euro forse una certa dose di giustificazioni si può

[caption id="attachment_226" align="alignleft" width="275"]il piccolo Alejandro intento a dividere i due litiganti il piccolo Alejandro intento a dividere i due litiganti[/caption]

concedere per qualcuno, abbiamo altrettanti casi pietosi nelle partite dilettantistiche o delle serie minori, fino ad arrivare alle scuole calcio come quella di Alejandro a farci indignare.

Finchè Alejandro ha 5 anni e mette il gioco davanti agli interessi o alle rivalità negative, lui interpreta il “football” come lo facevano coloro che lo hanno inventato in Inghilterra 150 anni fa, ma non appena ne compirà 10 o 15 è forse destinato a diventare vittima o parte di tutte quelle pressioni e di odi che hanno formato una sorta di sovrastruttura sul calcio, è accettabile? Io stesso ho giocato a calcio per moltissimi anni e ho potuto riscontrare spesso sui campetti di periferia le stesse antipatie che pervadono il calcio d’elite sia tra giocatori che tra spettatori.

Ben vengano dunque le sane rivalità agonistiche vissute sul campo a suon di grinta, rendono questo gioco degno di essere giocato, ma venga ancora meglio una generazione a cui il calcio venga proposto senza odi nocivi e quanto di negativo ci ha impregnati nell’ultimo mezzo secolo. Tutto ciò dipende da noi.

Andiamo! E’ solo calcio!

1 commento:

  1. Diretto, immediato, non populista. Da condividere!

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