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venerdì 12 aprile 2013

Quiz tv: un successo fatto di cultura?

Accendo la tv, sono le ora 18 e 50, cosa mi propongono le reti nazionali? I tanto amati quanto da molti altri odiati quiz televisivi della fascia preserale. Sappiamo tutti a cosa mi riferisco: considerando quelli che ci sono stati proposti negli ultimi 15 anni abbiamo per la rai “L’eredità” su Rai 1 già dal 2002 e “Reazione a catena” che la sostituisce d’estate, per quanto riguarda mediaset la lista è più lunga con “Chi vuol essere milionario?”, “Avanti un altro!”, “Il braccio e la mente” e (attualmente) “The money drop”. Considerando che i telespettatori di questi quiz, pur essendo in gran parte anziani e quindi persone che non escono molto di casa, per il resto sono individui di ogni età e sesso, è innegabile che tale format (nelle sue varie versioni)  riscuota un successo assoluto. Questo fenomeno del resto non è affatto recente in quanto già nel 1955  fu introdotto nella tv italiana da Mike Buongiorno con il celebre “Lascia o raddoppia?” e da allora è rimasto ininterrottamente nelle nostre televisioni. Non lo si può nemmeno considerare un caso italiano dato che la stessa situazione si presenta un moltissimi altri paesi come gli Stati Uniti, da cui spesso i nostri produttori comprano i format delle trasmissioni. Dove sta l’elemento irresistibile che da ai dei quiz un’attrattiva così grande e li rende un evergreen da ormai sessant’anni? Il loro ricompensare con denaro o altri premi  i concorrenti che hanno dimostrato di essere preparati dando risposte secche e per nulla  argomentate propone  vera cultura o semplice nozionismo alla portata dei più?

Nella seconda domanda sta probabilmente già la risposta alla prima. Nel corso di tutti questi anni in molti, lo ammetto per lo più studiosi che non ne apprezzavano il contenuto, hanno cercato di capire quale fosse il loro segreto con risultati più o meno verosimili. Una delle teorie che ormai sono entrate nella storia per vari motivi è senza dubbio quella che espose Umberto Eco nel lontano 1961, quando la tendenza dei quiz era ancora alle sue origini, nella sua “Fenomenologia di Mike Buongiorno”  contenuta nel “Diario Minimo”. All’interno di questo saggio Eco dice testualmente:

“L'uomo circuito dai mass media è in fondo, fra tutti i suoi simili, il più rispettato: non gli si chiede mai di diventare che ciò che egli è già. In altre parole gli vengono provocati desideri studiati sulla falsariga delle sue tendenze”

In pratica l’uomo che segue i mass media in generale è portato a farlo poiché gli viene proposto un esempio, un modello se vogliamo, da seguire che non solo è perfettamente alla sua portata ma è addirittura egli stesso. Alla luce di questo l’individuo non dovrà nemmeno sforzarsi di diventare o assomigliare a qualche superman ma gli basterà puntare a rimanere quell’everyman che è già di suo. Eco prosegue nella sua spiegazione esemplificando questo pensiero nella figura di Mike Buongiorno:

“ Idolatrato da milioni di persone, quest'uomo deve il suo successo al fatto che in ogni atto e in ogni parola del personaggio cui dà vita davanti alle telecamere traspare una mediocrità assoluta unita (questa è l'unica virtù che egli possiede in grado eccedente) ad un fascino immediato e spontaneo spiegabile col fatto che in lui non si avverte nessuna costruzione o finzione scenica: sembra quasi che egli si venda per quello che è e che quello che è sia tale da non porre in stato di inferiorità nessuno spettatore, neppure il più sprovveduto. Lo spettatore vede glorificato e insignito ufficialmente di autorità nazionale il ritratto dei propri limiti”.

Ed infine conclude: “  Nessuna religione è mai stata così indulgente coi suoi fedeli. In lui si annulla la tensione tra essere e dover essere. Egli dice ai suoi adoratori: voi siete Dio, restate immoti.”

Che sia proprio questo il punto forte di personaggi quali (al giorno d’oggi) Gerry Scotti, Bonolis, Amadeus, Conti e tutti gli eredi del compianto Mike e dei loro quiz? In parte è innegabile. La formula per cui non è necessario conoscere in modo dettagliato un download (2)argomento per poter rispondere correttamente alla domanda fa gola a molti e sembra alla portata di tutti noi spettatori. Certo è vero che conoscere in modo esauriente tutta la sfilza di tematiche su cui i concorrenti sono messi alla prova nei vari format è impossibile, ma a molte voci fuori dal coro sostengono che mercificare la cultura, a loro parere,  “spicciola” in questo modo abbia del ridicolo. Premiare con milioni di euro personaggi che, e non è cosa rara, riescono a superare alcune questioni persino sparando a caso la risposta per l’ansia che gli causa l’esaurirsi del tempo a disposizione per rispondere fa capire quanto di culturale ci stia dietro spesso. Se questo è contestabile per i quiz in cui si hanno delle domande lo è totalmente per spettacoli quali “Affari tuoi”, sempre su rai 1, nei quali è solamente il caso a decidere quale sarà la vincita. Se è per questo c’è chi potrebbe contestare che la stessa logica si ha nel gioco del lotto, di cui nessuno si lamenta e che vanta anch’esso milioni di giocatori: onestamente però la questione mi pare differente poiché se da una parte è vero che entrambi sono esclusiva dello stato, in quanto uno è sulla rai (tv di stato) e l’altro è un monopolio,  i pacchi ci costano e basta (visto che li paghiamo col canone), mentre il lotto ha vincite molto più rare e soprattutto si ripaga ampiamente con i suoi stessi incassi oltre al fatto che se non voglio posso benissimo non giocare (non possiamo dire lo stesso del canone che ci tocca pagare).

Dopo aver assistito a una puntata di un quiz qualsiasi:prendiamo per esempio “Chi vuol essere milionario”, facendo finta che in una sola puntata un concorrente arrivi all’ultima domanda, si hanno ben 15 nozioni , anzi considerando che le prime 5 il più delle volte sono già in nostro possesso, facciamo 10 nozioni di cultura generale in più a nostra disposizione a fine trasmissione, ma è davvero così? Ci ricordiamo davvero di tutte queste cose? Il più delle volte la risposta è negativa e questo perché senza un’adeguata motivazione e spiegazione difficilmente acquisiamo nuove conoscenze in modo duraturo, al più ricorderemo le curiosità che riguardano il nostro campo di interessi e che già prima della trasmissione eravamo vicini a sapere. Se osserviamo nella fattispecie “Il milionario” visto il numero di domande abbastanza basso e la grande quantità di tempo a disposizione spesso vengono date delle spiegazioni delle risposte, ma sono sempre piuttosto superficiali (per limiti di tempo chiaramente). Il presentatore riferisce due o tre dati che gli comunica la produzione che vanno a esplicare il perché è corretta tale risposta alla domanda ma non si addentra in particolari poiché allo spettatore forse non interessa conoscerli veramente e di conseguenza nemmeno a lui che va a rappresentarlo. Ancora una volta ci torna d’aiuto Umberto Eco: “Mike Bongiorno non si vergogna di essere ignorante e non prova il bisogno di istruirsi. Entra a contatto con le più vertiginose zone dello scibile e ne esce vergine e intatto, confortando le altrui naturali tendenze all'apatia e alla pigrizia mentale. Pone gran cura nel non impressionare lo spettatore, non solo mostrandosi all'oscuro dei fatti, ma altresì decisamente intenzionato a non apprendere nulla…Non manca di informarsi sulle stranezze dello scibile (una nuova corrente di pittura, una disciplina astrusa... "Mi dica un po', si fa tanto parlare oggi di questo futurismo. Ma cos'è di preciso questo futurismo?"). Ricevuta la spiegazione non tenta di approfondire la questione, ma lascia avvertire anzi il suo educato dissenso di benpensante. Rispetta comunque l'opinione dell'altro, non per proposito ideologico, ma per disinteresse.”

Va ricordato che queste considerazioni di Eco, come egli ha più volte ricordato, si riferiscono al personaggio di Buongiorno e non certo all’uomo, che egli non conosceva nemmeno e che soprattutto merita rispetto per come l’abbiamo conosciuto; si deve tenere presente inoltre che lo prendiamo d’esempio solo perché è il padre dei nostri presentatori di quiz e perché a egli si ispirano tutti quelli di oggi, non certo per antipatia o per accanimento.

Sembra dunque che i quiz non presentino cultura vera e propria in quanto non risultiamo più colti o istruiti dopo averli guardati, ma questo è esattamente quello che noi stessi vogliamo. In fin dei conti non accendiamo la tv dopo una giornata di lavoro, studio o fatica per apprendere attraverso di essi quanto più possibile: se mai abbiamo bisogno di puro intrattenimento e probabilmente in questo non c’è nulla di male. Due risate per le battute del presentatore, un’altra per la bizzarria del concorrente del momento o per la sua disarmante impreparazione e qualche curiosità che per più o meno tempo ci rimarrà in mente: niente di più e niente di meno, solo questo. Non impareremo quello che attraverso le nostre esperienze di studio non siamo riusciti ad apprendere ma ci guadagneremo forse in divertimento.

Nessuna religione è mai stata così indulgente coi suoi fedeli.

 

 

[caption id="attachment_117" align="alignright" width="150"]Mike Buongiorno: il padre del quiz tv italiano. Mike Buongiorno: il padre del quiz tv italiano.[/caption]

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