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mercoledì 12 novembre 2014

The Believer, il nulla senza fine (voto 7/10)

La rubrica cinema riparte da "The Believer", pretenzioso film del lontano 2001 che, nonostante non si permetta mai di scavare nel profondo delle convinzioni nè dell'una nè dell'altra parte prese in esame, riesce con arroganza a scuotere le coscienze.download


Dopo ciò che è successo in Germania nel periodo nazista, film sull'olocausto ce ne sono stati parecchi, sono stati rappresentati i modi di vivere quelle mostruosità sia dal punto di vista ebreo che dal punto di vista tedesco ma in pochi prima di Henry Bean, regista esordiente del film, si erano occupati di analizzare l'ideologia, le pulsioni e le contraddizioni che movimenti, come quello nazi, o religioni, come quella giudaica, portano in sè. La pericolosità del film sta appunto in questo originale atto di coraggio; ispirato alla storia vera di Dan Burros, attivista dell'American Nazi Party ma di origine ed educazione ebraica, "The Believer" si distacca dal cinema tradizionale con l'intenzione di mostrarci obiettivamente cos'è che fa breccia nella testa di un uomo radicandosi a tal punto da non lasciare nessuno spazio per la serenità.


Danny Blint (Ryan Gosling) vuole diventare un pezzo grosso del movimento e la strada che è convinto di dover percorrere è quella dell'antisemitismo. Gli ebrei, infatti, sono la malattia della civiltà occidentale; la loro fissa per l'astrazione gli rende maniaci megalomani, la Torah seduce gli ebrei e poi lì comanda a bacchetta proprio come anni prima faceva il Mein Kampf, creano clan chiusi e impenetrabili per poi insinuarsi in ambienti a loro ostili e renderli ospitali e fruttuosi. Durante tutto il film saranno ricorrenti flashback che ci mostrano un giovanissimo Dan alla scuola ebraica, mentre discute con il maestro sottolineando le contraddizioni che le fede giudaica implica (soprattutto discutendo dell'episodio di Abramo che sacrifica Isacco); Dio te lo fa capire col dolore estremo, Io sono tutto e tu sei niente, non c'è nient'altro di importante. Le discussioni col maestro lo portano a lasciare sia la scuola che l'ebraismo. Nel tempo presesente la fama di Dan continua a crescere, la chiarezza espositiva e le doti oratorie da arringatore fanno di lui un personaggio quasi stimato, tanto che un giornalista del NY Times vuole un'intervista. Il giornalista però sà del passato di Dan che, come controrisposta, tira fuori una pistola e minaccia il suicidio se la notizia fosse stata rivelata.


imagesDopo una rissa in un ristorante ebreo Dan e suoi amici sono condannati al servizio sociale e si ritrovano ad ascoltare ebrei reduci di guerra. Uno di questi racconta di come un ufficiale tedesco, senza pietà, trafisse con la baionetta il suo bambino, lasciando che il sangue colasse in faccia al genitore. Qui Dan, come se non riuscisse più a trattenersi, critica schifato il comportamento dell'ebreo che secondo lui, piuttosto, avrebbe dovuto morire. Dan decide di lasciare la seduta indignato concludendo con prepotenza che "voi avete molto da imparare da noi [...] Uccidi il tuo nemico". Da quel momento Danny più volte ha la visione della scena descritta da reduce, prima vedendosi nella parte del soldato poi in quella del padre che muore per salvare il figlio. Dan è ricco di idee ambiziose ma riesce a imporsi solo da un punto di vista retorico visto che qualsiasi tentativo di attentato, organizzati con un gruppo di nazziskin antisemiti, fallisce. La figlia di una delle donne di spicco dell ANP si invaghisce di Danny, dell'ideologia e della sua intelligenza ma scopre,in qualche modo e senza mai esplicitarlo, del passato di Danny, e decide di prendere lezioni di ebraico per "conoscere a fondo il nemico". Questo non fa altro che riavvicinare Danny ad una cultura e ad un infanzia dimenticata, facendo riaffiorare dubbi e conflitti che rendono Danny non sono debole, ma tanto debole da non essere sano. Le sequenze finali sono un crescendo di inquietudine e confusione: Dan arriva a sostenere, in un discorso privato dedicato all'"aristocrazia nazista", che l'unico modo per sconfiggere un popolo che si rafforza cosi tanto con l'odio è l'amore. "Ma l'ebreo è troppo furbo, capirebbe l'inganno. Per annientarlo dobbiamo amarlo sinceramente." Danny è cacciato dal movimento, piazza una bomba in una sinagoga ma il giorno seguente crolla emotivamente, irrompe nella sinagoga, la fa evacuare e rimane lì, in attesa di quel "Nulla senza fine" che la sua formazione vede come unico inevitabile punto d'arrivo della vita. Così, nell'azzeccata scena di chiusura, un giovane Danny, si ritrova a salire delle scale, e poi salire ancora, e ancora mentre ad ogni piano il suo maestro gli rammenta: "Fermati Danny. Non troverai nulla là sopra".


Per la pesantezza dei temi trattati il film rischiava di fallire, di rendere il ritmo lento fino all'insostenibile, fino alla noia, ma grazie al imgresdirector Bean, di professione sceneggiatore, lo spettatore riuscirà a seguire facilmente la trama restando a tratti affascinato dal dualismo bipolare di Danny: antisemita forte e convinto, arrogante e intelligente, in contrasto con il Danny smarrito e insicuro, affezionato all'infanzia, alla genuinità e all'ingenuità che il mondo gli ha portato via.


Che Bean sia uno sceneggiatore più che un regista, lo si evince bene dall'andazzo del film. Inquadrature mobili e soffocanti che tendono ad infastidire insolentemente chi guarda e la scenografia spoglia, aspra e quasi ingiallita per accompagnare sapientemente quei dialoghi, veri e propri pugni narrativi, sganciati in faccia allo spettatore. Ciò che fa funzionare "The Believer" è soprattutto questo, i dialoghi vivi e ricchi di contenuto ideologico, quasi sempre sputati fuori come getti di fuoco che si sostituiscono alle armi, quando la guerra rimane nell'ambito dell'ideologia.


La prova di Gosling non è niente male, asciutto, diretto e denudato da ogni maschera emotiva fa diventare Danny  perfetto per essere prima odiato e poi compreso dal pubblico, che alla fine avrà capito di non avere a che fare con un mostro mandato dal demonio per sopprimere "l'assioma della civiltà", ma solo con un pazzo, isterico e bipolare:


"Perchè li odiamo? Perchè li odiamo, perchè esistono, perchè sono l'assioma della civiltà, non c'è una ragione, perchè se anche la trovassimo arriverebbe qualche cervellone ebreo a dimostrarci che abbiamo torto, perchè è l'unica parola che puoi ripetere un milione di volte senza che perda mai di significato. Ebreo, ebreo, ebreo, ebreo, ebreo, ebreo[...]".

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