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mercoledì 21 maggio 2014

I Coldplay tornano con Ghost Stories (6,5/10)

Il 19 Maggio scorso, un paio di giorni fa, è uscito l'attesissimo sesto album in studio dei Coldplay, la band di Londra che 14 anni fa sbalordì e conquistò il mondo con Yellow. Arrivata a questo punto della carriera la band si è trovata di fronte ad un importante scelta, continuare sulla linea dei due precedenti album, alla continua ricerca di esagerazioni e barocchismi che impressionino le classifiche, o tornare a raffinare quello stile pop-rock malinconico e personale che ce li ha fatti apprezzare da subito, e se bisogna per forza andare a paragonare Ghost Stories con qualche lavoro precedente di sicuro il primo che può tornare alla mente è A Rush of Blood to the Head anche se la passione e l'introversione di quei tempi sembrano andate.

[caption id="attachment_611" align="alignleft" width="224"]La copertina di Ghost Stories La copertina di Ghost Stories[/caption]

Chris Martin dichiara che Ghost Stories vuol essere un concept album che ti esplora il passato per farti guardare al futuro, una serie di storie di fantasmi che ti insegnino non solo a non ripetere gli errori, ma anche a non averne più paura. La separazione con l'attrice Gwineth Paltrow ha sicuramente un ruolo fondamentale nell'ispirazione dell'intero album, ed è un'ispirazione palpabile all'interno dei testi di Chris, che però ancora una volta risultano un pò troppo pop e superficiali per una band importante come la loro. Johnny Buckland alla chitarra, Guy Berryman al basso e arrangiamenti, il collante del gruppo Will Champion alla batteria e la voce trascinate e guida di Martin, danno comunque vita ad un album piacevole, che non ha nulla di eccezionale ma che perlomeno non presenta nessuna clamorosa caduta.

Si parte con "Always in My Head", una prima traccia perfetta per trasportarci nella angosciante atmosfera del disco. Con un'arpeggio melodico e scorrevole che non toglie mai lo spazio necessario alla voce di Chris e al backing vocals di Champion per rendere la traccia una sorta di confessione di crisi mistica. L'ottimo pop da classifica di "Magic" probabilmente lo conosciamo già tutti mentre una delle tracce migliori a mio parere è la successiva "Ink", che non si discosta troppo dal pop-rock a cui i Colplay sono affezionati ma con un'immersione elettronica che sembra trascinarci nelle difficoltà di fronteggiare le sofferenze senza comunque disperdere un'aurea di leggerezza. Sulla stessa falsa riga l'album prosegue con "True Love", dov'è abbiamo uno strumentalismo leggermente più presente che culmina in un intenso e trascinante finale mentre Midnight ci regala qualcosa di diverso.chr A primo impatto sicuramente la canzone più piacevole, con Martin che si traveste da Imogen Heap mentre accompagna un'elettronica precisa ed empatica, ancora una voltà è la semplicità disarmante e l'emozione esplosiva del sound a rendere solo una canzone dei Coldplay qualcosa di più proprio come successe per Yellow e Clocks tanto tempo fa (chiaramente non ci si avvicina neanche a quei livelli di ascoltabilità). Si passa per Another's Arms dove l'altmosfera si fa improvvisamente cupa toccando i massimi livelli di malinconia, e anche qui non si perde neanche per un momento l'omogeneità creatasi lungo il percorso. La ballata romantica Oceans impreziosisce artisticamente l'album ma non risulta nulla di eccezionale. L'unico mezzo passo falso lo abbiamo forse in "A Sky full of Stars", la traccia che meno segue lo stile di Ghost Stories prodotta in collaborazione con Avicii, che mixa la tradizione dei Coldplay con gli arricchimenti dance da classifica in cui Avicii è un maestro. Una versione più pretenziosa e malriuscita di Fix You che per questo verrà dimenticata tanto velocemente quanto vi entrerà in testa (perchè resta perlomeno una canzone orecchiabile). L'album si conclude con un'ultima storia di fantasmi "O.", un ultima intensa melodia che riesce allo stesso tempo a descrivere e affrontare dolore.

[caption id="attachment_613" align="alignleft" width="275"]I Coldplay in concerto alla presentazione di Ghost Stories I Coldplay in concerto alla presentazione di Ghost Stories[/caption]

Si può pensare che i Coldplay siano tornati alle origini ma riflettendo più attentamente su Ghost Stories vediamo una band che forse non sente più la necessità di grandi decorazioni o megalomani canzoni da primo posto che la facciano considerare la "band-epica" del decennio, e che cerca una maturità stilistica personale nell'empatia e nella semplicità che ne hanno caratterizzato l'esplosione internazionale, arricchendo con un'artistica leggerezza quel pop-rock che però interessa sempre meno alle nuove generazioni. Ghost Stories ha però il difetto di non avere nulla, ma proprio nulla a cui ci si affezioni immediatamente, nulla che ti lasci a bocca aperta o col cuore spezzato, un disco sufficente che come massima aspirazione può avere quella di essere un buon apripista per qualcosa di meglio, per il "masterpiece" dei Coldplay che, a meno che non sia già arrivato, potrebbe essere il prossimo disco.

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