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venerdì 14 giugno 2013

Rock'n roll lifestyle

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Il rock, quello vero, quello che in molti hanno amato, quello dallo stile di vita sregolato, o “spericolato” per dirlo alla Vasco (ma con musica buona però) con le sue groopie e i suoi eccessi a detta di molti oggi sarebbe morto. Boy band di fighetti reclutati ad hoc per piacere a madri e ragazzine, cantanti di qualsiasi altro genere che fingono di esserne esponenti di punta: negare una certa svolta negativa è difficile. Più che sui cambiamenti musicali relativi al nostro genere preferito oggi, concedetecelo per una volta, ci dedicheremo al puro e semplice stile di vita rock’n roll: una volta tanto la forma davanti al contenuto anche qui da noi.

[caption id="" align="alignleft" width="261"]download alcuni membri del famigerato "club 27"[/caption]

“Sex and drugs and rock’n roll is all my brain and body need”  (cliccate e ascoltatela)cantava Ian Dury con I suoi The Blockheads nel 1977 dando vita a quel mito e soprattutto a quel modo di dire che ancora oggi usiamo. A dire il vero il life style legato a questo genere musicale è da sempre fatto di un eccesso dietro l’altro finalizzati allo spasso e allo sballo totale fin dalle sue origini negli anni 50 e prima ancora nel blues. Essendo la colonna sonora di numerose ribellioni e movimenti giovanili il rock con il suo ritmo travolgente non può che portare alla perdizione e alla dissoluzione: questo pensavano in breve le famiglie medie americane al momento della sua dirompente comparsa. Non sto a raccontare i simpatici aneddoti relativi alle campagne contro questo genere negli USA perché immagino le abbiate sentite un po’ tutte, tuttavia ricordo il numero impressionante di stazioni radio cui fu vietato di trasmetterlo e le tv che giudicarono le commediette romantiche musicali di Elvis (oggi ridicole anche per noi)  oscene e istiganti alla violenza. La droga e l’alcol sono alla base della dieta del rocker si suol dire, egli ne ha bisogno per trainare le folle oceaniche che assistono ai suoi concerti e soprattutto per ricavarne ispirazione, nel caso degli acidi, si aggiunge. Jim Morrison, il re lucertola, negli anni 70 fu uno delle prime vittime di questa condotta e contribuì non poco a renderla un obiettivo per i giovani fan di tutto il mondo. La sua morte, inoltre, lo fece entrare di diritto nell’albo, forse per primo, delle vere e proprie leggende del rock oltre che dare origine a migliaia di leggende circa la sua solo “apparente” morte. La leggenda che etichettò definitivamente il musicista rock come bello, dannato e vizioso negli eccessi fu quella del così detto “club 27”, ovvero quel gruppo di artisti morti nel giro di pochissimi anni all’età di 27 anni. Brian Jones, fondatore dei Rolling Stones nel 69, Jimi Hendrix e Janis Joplin nel 70 e lo stesso Morrison nel 71 sono i “membri originari” ma nel corso degli anni gli si sono aggiunti personaggi del calibro di Alan Wilson dei Canned Heat , Dave Alexander degli Stooges e Kurt Cobain dei Nirvana.

[caption id="" align="alignright" width="183"]download (1) Mark knopfler, leader dei Dire Straits[/caption]

Il binomio rock-eccessi a mio parere va differenziato da quello rock-autodistruzione. Se infatti molti artisti appartenente all’enorme scena di questo genere hanno condotto e continuano a condurre una vita di eccessi, non è detto che lo facciano con fini volutamente
autodistruttivi. Dei nomi del club 27 citati prima, per esempio, la maggior parte è morta per cause relative agli stili di vita sregolati finalizzati semplicemente allo sballo e al divertimento sregolato, una minoranza era invece affetta da depressione cronica, Kurt Cobain su tutti. Solo questi ultimi, a mio parere, erano in qualche modo consapevoli della fine a cui andavano incontro (Cobain morì comunque suicida e dunque non fa testo).

Nonostante questa immagine cattiva e da “duri” relativa ai rockers, fondata sui personaggi precedentemente nominati, vi sono altrettanti esempi di musicisti rock dalla condotta modello o comunque nella norma. I Beatles, nonostante il risaputo uso di droghe fatto per un periodo, mantennero sempre la propria aria da “good guys”, così come i Dire Straits decenni dopo e gli Arctic Monkeys negli ultimi tempi. Quella del rocker selvaggio e indomabile rimane dunque una caratteristica a cui non tutti decidono di conformarsi.

La filosofia “live hard, die young” (“vivi intensamente, muori giovane”) sembra ultimamente andare persa ma siamo sicuri sia un male? L’autodistruzione non sembra certo desiderabile e tanto meno uno stile di vita tutto al limite, godersi la vita e alzare il gomito ogni tanto mette comunque quel pepe di cui tutti prima o poi sentono il bisogno e su questo c’è poco da obiettare.

 Hai il rock nell’anima ma non ti droghi e non bevi? Fai quello che vuoi della tua vita ma alza il volume di quello stereo figliolo!



 

2 commenti:

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