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martedì 11 giugno 2013

Lo sport anche d'estate

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Per riallacciare il rapporto con i lettori l'unica cosa sensata era quella di arrivare qui oggi e parlare di sport e, a rigor di logica, è quello che sarà fatto.
La copertina della settimana va al portentoso Rafa Nadal, che ha appena fatto la storia del suo sport vincendo addirittura 8 volte in carriera in uno torneo dello slam, superando astri luminosi e leggendari quali Federer e Sampras, entrambi arrivati a quota 7 vittorie a Wimbledon ma con lo svizzero che sembra avere ancora tempo per migliorare. Sulla terra rossa di Parigi, la sua terra rossa, Nadal non si è curato del problema al ginocchio che lo tormenta da ormai un biennio e con la potenza scalzante del suo tennis ha costretto ad inginocchiarsi di fronte a lui il meglio del palcoscenico tennistico mondiale; Wawrinka nei quarti (lo svizzero è numero 10 al mondo) passando per quella semplice semifinale con Djokovic (n. 1), 4 ore e 37 minuti di puro ed estenuante spettacolo, per poi trovare in finale il connazionale Ferrer, piegato molto più facilmente (nonostante l'inappropriatezza del termine) degli altri.

[caption id="attachment_330" align="alignright" width="295"]L'emozionante vittoria di Rafa L'emozionante vittoria di Rafa[/caption]

Nadal all'ottava finale e Ferrer alla sua prima in uno slam, non era difficile prevedere l'esito del match ma ciò che ha stupito di Rafa è che questo record, che ai più, in questo periodo e in queste condizioni fisiche, sembrava solo un miraggio, se l'è andato a conquistare con la sua caratteristica caparbietà, la caparbietà del professionista che tante volte è l'unica strada per tornare sul trono. Nonostante la vittoria e il record Nadal scende dal quarto al quinto gradino del ranking atp, scavalcato proprio dal finalista Ferrer, ranking guidato sempre con grande gap di vantaggio da Nole, il serbo vanta più di 3000 punti di scarto su Murray, secondo nel ranking.
Questa sera invece sarà l'ultima in cui la nostra nazionale, gli azzurri di Prandelli, scenderà in campo senza la pressione della gara ufficiale, l'ultima prima dell'evento calcistico dell'estate, la nona edizione della menosissima confederation cup. Stasera contro Haiti si fanno le prove generali per una competizione in cui è giusto giocare per essere protagonista. L'Italia ha ancora un anno per diventare un team maturo e affiatato, trovare una sua identità di gioco e proseguire cercando di perfezionare quei piccoli grandi difetti che in alcune sfide rischiano di risultare fatali. Nell'ultima gara contro la Repubblica Ceca abbiamo potuto assistere a quanto di bello e di brutto ci sia nella nostra nazionale.

[caption id="attachment_331" align="alignleft" width="240"]Prandelli mentre ne pensa una dell sue! Prandelli mentre ne pensa una dell sue![/caption]

Un reparto difensivo un pò allegro che con la testa un pò in vacanza è riuscito a tenere la dirompenza avversaria, dirompenza che ha portato più volte a veloci verticalizzazioni sugli esterni che hanno creato qualche problema al trio Bonucci Barzagli Chiellini (che ci hanno comunque fatto capire come e perchè la juve è tanto inattacabile dietro), laddove non sono arrivati ci è arrivato il numero 1. Peccato che quest'uno sia l'uno più forte di tutti, ormai capitano di juve e nazionale, la storia del calcio non si scorderà presto di Gigi Buffon, che continua nonostante l'avanzare dell'età a proporre parate miracolose, con i cechi bravo sia nell'uno contro uno che tra i pali, sventando tentativi pretenziosi ma pericolosi. Poco nulla da segnalare dal centrocampo in su con i nostri reparti sopraffatti dalle motivazioni, causa una classifica traballante, dei cechi. Italia che però alla fine porta a casa un preziosissimo punto che permette di tenere a debita distanza i principali concorrenti per il primo posto del girone e per la qualificazione al mondiale che ora più che mai sembra davvero ad un passo.
Durante la confederation certe prestazioni però non si potranno ripetere. Gli avversari, soprattutto i brasiliani che giocano in casa e hanno tutto da dimostrare, sono inaffidabili e imprevedibili, e anche se non ci aspettiamo ritmi altissimi, come vuole la tradizione di questo torneo, ci aspettiamo almeno partite palpitanti, risultati incerti tante giocate e tanti gol. Una delle confederation più suggestive di sempre, non solo per l'estenuante e apparentemente perfetta organizzazione che istituzioni e popolo brasiliano hanno saputo offrire ma anche perchè i valori delle squadre in campo, quest'anno più che in altri, sono di altissimo livello. Oltre al Brasile, nazione ospitante, abbiamo la plurititolata Spagna di Del Bosque, di cui aspettiamo con trepidazione la disfatta (la aspettiamo ormai da troppo tempo), in veste di campione del mondo, l'Italia, solo vice-campione d'Europa, l'Uruguay di Suarez e Cavani, campione della coppa America disputata in Argentina, il Giappone, a rappresentare le nazioni asiatiche, Tahiti, per le nazioni oceaniche, la Nigeria, detentrice della coppa d'Africae poi il Messico vincitore della concacaf gold cup (la coppa per i paesi centro e nord-americani) che esordirà proprio contro la nazionale di Prandelli il 16 giugno a Rio. Nel nostro girone anche i padroni di casa e la mina vagante Giappone che tutti hanno paura di sottovalutare ma che alla fine lo sappiamo, sarà drammaticamente snobbato. L'obiettivo è piazzarsi tra i primi due posti cosicchè che poi per vincere basteranno due partite perfette e una discreta dose di fortuna, che non guasta mai.

[caption id="attachment_332" align="alignright" width="333"]Tifoserie che iniziano ad essere calde Tifoserie che iniziano ad essere calde[/caption]

Oggi il trofeo può sembrare lontano ma sono dell'idea che l'Italia partecipi a questa competizione consapevole di poter vincere, sicuramente più motivati della Spagna, sicuramente più oganizzati del Brasile non possiamo e non dobbiamo temere proprio nessuno. Ricordate però che, sempre per tradizione, chi vince questa competizione non solo non vince il mondiale, ma ci fa anche una cospicua figuraccia, com'è successo al Brasile nel 2006 e nel 2010, ma speriamo in tutta franchezza che i verdeoro non abbiano imparato la lezione.

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