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Il film, diretto Matt Reeves, deve probabilmente quest’approfondimento psicologico al romanzo da cui è tratto, il best-seller svedese “Lasciami Entrare”, di John Lindqvist (lo stephen king scandinavo per la cronaca).
La storia si svolge durante un’inverno come un altro nel New Mexico degli anni ’80 e il protagonista è un ragazzino dodicenne solo e nel pieno di una crisi pre-adoloescienziale, dovuta all’imminente divorzio dei genitori. Un ragazzino di nome Owen, che attira l’attenzione per l’elevato numero di turbamenti psicologici che mostra allo spettatore; è isolato,non curato dalla madre farmacomane, vittima preferita di bulli esagitati, e come se non bastasse ha una maniacale passione per gelatine e caramelle. Quando tutto sembra destinato a rimanere immutato nella casa accanto a quella di Owen si trasferisce una ragazzina, accompagnata dal padre, sporca e scalza, che sembra addirittura avere più problemi di lui. Owen conosce così la misteriosa Abby, e reciprocamente l’uno invade lo spazio della solitudine dell’altro facendo in modo che nasca un’amicizia utile a entrambi. Abby spezza il ritmo della tremenda e macabra routine a cui è sottoposta e Owen risece a trovare una voglia di vivere e un coraggio che forse neanche lui credeva di avere. L’amicizia sfocia presto in un amore tanto ingenuo quanto dolce ma il sanguinolento problema di Abby, che pian piano emerge e che Owen impara a conoscere, sembra frapporsi tra loro. Abby perde quello che sembrava essere suo padre ed è costretta a trasferirsi dopo un doloroso addio ad Owen. Un finale interessante ma non del tutto inaspettato lascierà comunque qualsiasi tipo di spettatore soddisfatto.

Ciò che distacca il film dalla tradizione horror americana è la presenza di svariati temi sociali e individuali che offrono svariati spunti allo spettatore che si trova costretto a convivere col disagio dei personaggi fino a comprenderlo e a commiserarlo. Il feroce bullismo di cui è vittima Owen, le difficoltà nella vita e nelle relazioni di Abby e quant’altro, spariscono quando i due stanno insieme, poiche i due si completano e sono capace di suscitare approvazione. Grande merito di tutto ciò è da dare agli attori e alla loro guida Matt Reeves (che per il resto non si è preso grandi responsabilità artistiche).
Un’interpretazione difficile e sorprendentemente coinvolgente quella di due bimbi-prodigio di Hollywood. Owen è interpretato da Kodi Smit-McPhee che gia nel 2006, all’età di dieci anni, faceva il suo esordio sul grande schermo. Grazie alla grande sintonia col regista Matt Reeves che l’ha preso sotto la sua ala Kido interpreta Owen da veterano, riuscendo a sucitare grande tensione e a renderci partecipi nella sinergia che si va a creare con la dolce e fatale Abby. Una fatale Abby interpretata da un’attrice ancora più prodigiosa. Chloe Grace Moretz nata nel 1997, all’età di 16 anni vanta nel suo curriculum un paio di ruoli da protagonista di horror, il successo popolare del personaggio di Hit-girl nel film “Kick ass”, e la partecipazione a lavori di grandi maestri come “Hugo Cabret” di un certo Scorsese e “Dark Shadows” (ultima sfortunata pellicola dell’amico Tim Burton), dimostrando

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